Che il tipo di lavoro da svolgere e le professioni richieste stiano cambiando in tempi rapidi è certo, ma insieme a questi si sta modificando anche il modo di lavorare, più flessibile e orientato alla collaborazione, e gli ambienti che diventano aperti e altamente connessi. Entro il 2021, secondo IDC, il 60% delle aziende Global 2000 (le più grandi aziende quotate al mondo) adotterà un nuovo concetto di workspace, in grado di migliorare l’esperienza e la produttività dei dipendenti attraverso un ambiente fisico e virtuale più flessibile, intelligente e collaborativo. Lo spazio di lavoro futuro non sarà statico o a orari prestabiliti, ma sarà ovunque, in qualsiasi momento, su ogni device.
Come cambia il rapporto tra datore di lavoro e dipendente?
Almeno il 60% delle aziende G2000, riporta IDC, monitorerà e gestirà attivamente l’esperienza dei dipendenti, detta anche EX, e la utilizzerà come fattore chiave di differenziazione per creare e mantenere relazioni B2B e B2C. “Le organizzazioni – afferma Roberta Bigliani, Direttrice esecutiva IDC Future of Work Practice, IDC Europe – si rendono conto che per essere competitive hanno bisogno di ridare priorità al rapporto con i dipendenti. L’esperienza dipendenti è definita come l’insieme delle interazioni che un dipendente ha con il datore di lavoro, dal primo contatto in fase di reclutamento alla relazione continuativa che si può instaurare per diversi anni. Parliamo di come i dipendenti percepiscono il datore di lavoro e il loro ruolo nell’organizzazione. Diversi elementi influenzano la EX: la struttura e la cultura dell’organizzazione, l’impegno per il benessere e il successo dei dipendenti, l’ambiente di lavoro fisico e virtuale, gli strumenti e la tecnologia di cui sono forniti”.
Giusta attenzione, quindi, alla EX anche grazie a nuovi modi di lavorare che possano trarre vantaggio da mobilità, collaborazione remota e accesso sicuro a strumenti e dati, con semplicità e velocità, migliorando soddisfazione e produttività del dipendente. Le aziende devono essere in grado di aumentare il grado di collaborazione tra gli utenti non solo per ottimizzare le modalità di lavoro, ma anche e soprattutto per generare nuove opportunità per la creazione di valore. A trasformarsi deve essere lo spazio di lavoro, la forza lavoro, sempre più distribuita e connessa, e il modo di lavorare, più agile e automatizzato.
Quale il ruolo delle tecnologie?
L’Intelligenza Artificiale, secondo IDC, concorrerà a migliorare il livello di produttività: sebbene attualmente le tecnologie AI siano perlopiù utilizzate per ottimizzare il consumo di risorse sul posto di lavoro (luci, aria condizionata, ecc.), nuovi strumenti intelligenti come risponditori predittivi, UI vocali o sistemi di videoconferenza automatizzati aiuteranno i dipendenti a diventare più produttivi nel giro di pochi anni.
Entro il 2024, il 50% delle attività ripetitive sarà automatizzato e il 20% dei lavoratori che svolgono attività che richiedono specializzazione sarà coadiuvato da intelligenze artificiali.
“La crescente maturità e adozione di software di analisi, Intelligenza Artificiale e automazione – continua Roberta Bigliani – ridisegneranno il ruolo dei lavoratori in tutti i settori e le dimensioni aziendali. Queste tecnologie consentiranno non solo di sostituire o incrementare la forza lavoro, ma consentiranno di raggiungere nuovi livelli di produttività, accuratezza, qualità, business intelligence applicata al processo decisionale e ottimizzazione. Assisteremo anche alla creazione di nuove tipologie di lavori, come quelli utili alla gestione di grandi quantità di dati, alla formazione e alla supervisione di macchine oltre che alla finalizzazione di compiti consegnati dalla macchina. Le attività strutturate, prevedibili e ripetitive sono le più adatte per l’automazione, anche se si deve sempre valutare la fattibilità e la convenienza. Chiaramente il cambiamento deve essere gestito dalle imprese, in quanto non è banale per un lavoratore interagire con nuovi colleghi digitali, rappresentati da Bot, assistenti digitali, dispositivi indossabili, visori e altri dispositivi intelligenti che automatizzano i compiti”.
Cambieranno anche le metriche di valutazione del lavoro?
Come la tecnologia sta trasformando il modo di lavorare, così andrà inevitabilmente a modificare le metriche utilizzate dalle risorse umane. Secondo IDC, entro il 2022 il 35% delle aziende sostituirà i tradizionali e datati KPI con i KBI (Key Behavioral Indicator) per misurare la collaborazione, la comunicazione, la capacità di risolvere i problemi, i risultati e gli obiettivi del proprio personale.
Le metriche legate alla produttività saranno quindi affiancate da metriche più moderne che una volta sarebbero state considerate pure soft skill, ma che oggi sono ritenute essenziali per raggiungere quei livelli di produttività necessari per soddisfare le richieste dei clienti.