MARKET | 4 Ott 2018

AI e Retail: quale relazione?

Quello che clienti e aziende del settore Retail pensano e dicono dell'Intelligenza Artificiale

L’Intelligenza Artificiale, quella con cui abbiamo già a che fare molto più spesso di quanto non crediamo e con cui avremmo sempre più a che fare nei prossimi anni, desta nelle persone prevalentemente sentimenti di fiducia e sorpresa. Lo chiarisce la ricerca Retail Transformation, realizzata dal Digital Transformation Institute e dal CFMT in collaborazione con SWG e Assintel.

C’è fiducia, infatti, per il 47% degli utenti, e sorpresa per il 39%, mentre l’80% crede che le conseguenze del suo utilizzo siano molto positive e che, dunque, dobbiamo aspettarci dei miglioramenti dalla integrazione di algoritmi ed Intelligenza Artificiale nella vita quotidiana: dalla possibilità di gestire meglio la nostra casa grazie all’utilizzo di dati e algoritmi (42%) alla possibilità di farci sostituire nelle faccende e nei lavori più faticosi o noiosi (35%). Eppure qualche timore c’è, verso un futuro in cui i robot non siano più distinguibili dagli umani (42%), in cui saremo sempre più incapaci di interagire con le persone reali (53%).

AI: quali esperienze?

Le esperienze in cui incontriamo l’Intelligenza Artificiale si moltiplicano: il 47% dei consumatori ha utilizzato un software di assistenza vocale e il 31% di chi non ne ha mai avuto il modo si dice interessato a farlo in futuro. Parlare con una voce virtuale che riesca a risolvere i nostri problemi è l’interazione preferita e che mette più a proprio agio (26%), insieme a quella visiva con persona virtuale (26%). Molte più remore, invece, se si tratta di una interazione fisica con una realtà tridimensionale o avatar ad esempio (solo il 12% la ritiene preferibile), o un robot/android (9%); il 45% degli intervistati, infine, mostra inquietudine rispetto ad un futuro in cui i veicoli si guidino da soli.

Dunque, Intelligenza Artificiale sia, ma “debole”, che non intenda sostituire l’uomo né replicare la mente umana, ma molto più semplicemente svolgere meglio degli esseri umani funzioni specifiche.

E le emozioni?

C’è interesse nell’Intelligenza Artificiale che si basi su algoritmi sempre più sensibili alla comprensione delle nostre emozioni nel corso della relazione uomo-macchina: il 68% degli utenti crede che sia utile che l’AI reagisca alle emozioni delle persone con cui interagisce perché, se è vero che poco più della metà dei consumatori è disposta ad utilizzare lo shopper virtuale, c’è la percezione di una più piacevole esperienza d’acquisto legata alla presenza della persona fisica, proprio in relazione all’incapacità percepita dell’Intelligenza Artificiale di comprendere appieno i bisogni dell’utente e di dare risposte puntuali a richieste specifiche. Dunque, interesse sì, apertura anche, ma rimane una quieta diffidenza.

Quale il mercato AI?

Le imprese intervistate ammettono che per ora l’interesse è basso: il 68% delle aziende clienti fa un utilizzo basso o nullo di Intelligenza Artificiale e solo il 36% vuole investire in questa tecnologia nel futuro, con la preferenza, nel breve periodo (1/2 anni), dell’Intelligent Data Processing (56%), Intelligent Object (60%), Language Processing (54%), Autonomous Robot (52%). Il 60%, invece, non intende investire a breve in Autonomous Vehicle, in linea con le perplessità dei consumatori. E per le implementazioni future c’è l’idea di dover affrontare una complessità piuttosto alta in quasi tutte le aree applicative dell’AI ad esclusione di alcune che vengono percepite come più semplici: Marketing Automation (21%) e Security (24%). Sicurezza su cui solo il 37% intende puntare nei prossimi 3 anni.

Tuttavia, chiarisce Stefano Epifani, Presidente del Digital Transformation Institute, non dobbiamo dimenticare che “di debole l’Intelligenza Artificiale ha solo il nome, perché gli impatti sull’economia, sul mercato e sulla società sono e saranno sempre più forti. E tutti i problemi che saremo chiamati ad affrontare nei prossimi anni non dipenderanno da perfidi computer in stile Matrix, quanto piuttosto dalle regole che computer assolutamente inconsapevoli saranno costretti a seguire. La vera sfida, quindi, consiste nel comprendere come l’attenzione vada posta in chi oggi sta scrivendo gli algoritmi dei computer di domani, ed in come tali algoritmi saranno scritti. Perché sulla base di questi algoritmi sarà regolata una parte sempre più importante delle nostre vite.”

Stefania Farsagli