Di solito sono entusiasta di fronte alla capacità predittiva dell’Intelligenza Artificiale. La capacità degli algoritmi di mostrarmi i dati in maniera totalmente diversa da quella che vedo io è sempre una sorpresa per me e, a volte, un vero regalo.
Proprio per questa passione nascente, giro spesso online alla ricerca di nuovi sbocchi, idee o applicazioni.
… è tempo di confessare!
Oggi mi sono imbattuta in un articolo che titola “Caltech Scientists Can Predict Intelligence from Brain Scans”. L’occhiello precisa: “Se hai mentito sul tuo QI (quoziente intellettivo) per sembrare più intelligente, è tempo di confessare. Gli scienziati ora possono dirti quanto lo sei guardando una scansione del tuo cervello” e, quasi a scusarsi, chiude con un: “Ma a prevedere la personalità, non siamo così bravi”.
La fonte è il Caltech ovvero il California Institute of Technology che, in collaborazione con il Cedars-Sinai Medical Center e l’Università di Salerno, ha messo a punto un algoritmo in grado di leggere i dati dell’attività cerebrale e in particolare i cambiamenti nel flusso sanguigno in specifiche regioni del cervello, rilevati grazie ad una Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), e di sviluppare una mappa dell’attività cerebrale che si traduce in una previsione di “intelligenza”.
In sintesi l’algoritmo è in grado di mettere in relazione i dati del flusso sanguigno di una mente a riposo e, grazie ai movimenti del sangue, predire la capacità intellettiva del paziente.
Un algoritmo per l’intelligenza
Per addestrare l’algoritmo il team di esperti ha utilizzato i dati di circa 900 individui: i risultati delle loro risonanze sono stati messi a confronto con risultati dei test sul loro QI , generando una comparazione e successiva deduzione.
Ma di che intelligenza stiamo parlando? Perché un algoritmo per l’intelligenza? La risposta è semplice, e fa meno impressione dell’incipit con cui è partito l’articolo: se riuscissimo a diagnosticare l’intelligenza potremmo anche lavorare per difetto e magari poter individuare condizioni come l’autismo, la schizofrenia o l’ansia, potendo intervenire e supportare quelle persone in maniera assolutamente proattiva e in anticipo sulle manifestazioni.
Perché proprio l’intelligenza?
Dall’articolo risulta chiaro che sono partiti da questa misurazione perché l’intelligenza (nel senso stretto del QI) è un dato che cambia molto poco nel corso degli anni di massima attività celebrale, consentendo di attuare una valutazione con un dato che rimane essenzialmente costante per un numero significativo di anni.
Intelligenza e personalità
Uno studio parallelo ha cercato anche di valutare i tratti della personalità, ma con scarsissimo successo, anche partendo dal fatto che i questionari che valutano questo tratto della nostra capacità sono vari e mirano a dare visioni diverse.
Quindi prepariamoci: i nostri figli al CV allegheranno una risonanza magnetica.
Simona Piacenti