SOCIETY | 19 Gen 2017

Digital Skills: servono esperti in Big Data?

Uno studio de L'Economist evidenzia le difficoltà nel reperire professionisti utili ai processi di Digital Transformation delle aziende

Recentemente l’Intelligence Unit de L’Economist ha pubblicato un report dal titolo The Quest for Digital Skills in cui si mette in evidenza la difficoltà da parte delle aziende, in diversi settori produttivi, di reperire figure professionali con competenze digitali adeguate alle richieste del mercato. La rivoluzione digitale, diventata ormai pervasiva in tutti i settori, anche quelli ritenuti più tradizionali, influendo in quasi tutti gli ambiti e aspetti della vita delle imprese, è un fenomeno in rapida e costante evoluzione che richiede costante adattamento.

Le aziende, si legge nel report, sono ancora impreparate a far fronte alle sfide imposte dall’era digitale: il 94% del campione preso in esame dichiara l’esistenza al proprio interno di un divario digitale, più o meno accentuato in base al settore produttivo di riferimento. Oggi le skill più richieste sul mercato sono quelle essenzialmente legate alle competenze in materia di sicurezza e privacy, ma nei prossimi 3 anni lo scenario del fabbisogno di competenze digitali potrebbe essere molto diverso.

Priorità digitali di oggi e di domani

Nei settori legati al digitale le aziende attualmente richiedono soprattutto professionalità e competenze legate alla gestione della sicurezza dei siti e delle reti (42%), allo sviluppo di siti web e applicazioni per mobile (42%), al digital marketing (41%) e allo sviluppo di software (40%). Il 60% delle aziende nel settore farmaceutico e biotecnologie ha dichiarato che è soprattutto la mancanza di adeguato talento la ragione principale per il divario di competenze digitali al proprio interno. La difficoltà maggiore in questo contesto risiede nel riuscire a trovare persone che abbiano non solo le competenze digitali adeguate, ma anche una forte conoscenza del settore sanitario.

Entro 3 anni le priorità digitali saranno altre, e le competenze di cui avranno più bisogno le aziende saranno in primo luogo quelle relative all’analisi dei Big Data, poiché questi rappresenteranno sempre più la chiave per poter “leggere” il mercato, comprendere e quindi prevedere i comportamenti dei consumatori. Mentre l’urgenza sul tema della sicurezza si attenuerà, la richiesta di competenze per lo sviluppo di siti e applicazioni per mobile rimarrà elevata, e in parallelo aumenterà anche la richiesta di competenze in due ulteriori ambiti: quello della definizione delle strategie digitali e dei nuovi modelli di business a esse legate e quello dello sviluppo “intelligente” di nuovi prodotti.

Entro il 2018 la richiesta di professionalità specifiche legate ai Big Data sarà sempre maggiore: la percentuale stimata, secondo lo studio, passerà dall’attuale 38 al 43% ed entro i prossimi tre anni maggiore importanza rivestirà anche la scelta di una strategia digitale che passerà dal 35 al 39% e lo sviluppo di prodotti smart per il quale si stima una crescita di 5 punti percentuali rispetto all’attuale 32%.

Le strategie in atto

Ogni settore richiede competenze digitali specifiche poiché per superare il digital divide: la grande distribuzione, ad esempio, è interessata allo sviluppo di web e mobile e allo sviluppo di nuovi prodotti personalizzati per offrire ai consumatori una molteplicità di piattaforme su cui acquistare; il settore dei servizi finanziari e delle banche continuerà a puntare sulla sicurezza di siti e reti, mentre il manifatturiero, che persegue l’efficienza nella produzione, si focalizzerà soprattutto sull’analisi dei Big Data.

Le aziende per reperire le competenze digitali di cui necessitano per lo sviluppo del proprio business hanno iniziato a muoversi su diversi fronti: attualmente il 55% realizza percorsi formativi sulle materie legate al digitale al proprio personale mentre il 47% sceglie l’esternalizzazione. Nuove tendenze sembrano destinate a consolidarsi come ad esempio partnership con società di tecnologia, apertura di nuove sedi dove c’è maggiore disponibilità di forza lavoro con competenze digitali, acquisizioni di società per rilevarne non tanto il business, quanto le competenze possedute dai dipendenti. Inoltre a questi modelli alternativi di crescita digitale si aggiunge quello del crowdsourcing, tipico dell’ecosistema social: l’84% delle aziende è pronto a usare LinkedIn per ricercare, con il contributo della propria community di riferimento, nuove soluzioni per le proprie esigenze.

Sviluppi futuri: la crescita dell’uso dei dati

Entro il 2018 il 48% delle aziende intervistate stima una crescita della preponderanza delle competenze e attività legate ai Big Data rispetto all’attuale 40%.

IDC ha calcolato che solo nel 2015 1,8 miliardi di dollari sono stati spesi dalle banche su attività legate ai flussi di analisi e monitoraggio dei dati. Come ad esempio Lloyds Bank che ha investito 1 miliardo di sterline per lanciare la propria strategia di Digital Transformation; il gruppo RBS che ha varato un piano per la conversione in digitale da 3,5 miliardi di sterline, compresa la realizzazione di una rete di scouting internazionale per il talento e la costruzione di un avamposto nella Silicon Valley; la Commonwealth Bank of Australia che sta usando i Big Data per analizzare il rischio dei clienti commerciali al fine di emettere segnalazioni in merito ad eventuali problemi di liquidità; il colosso spagnolo BBVA che sta ottimizzando l’uso dei Big Data per l’analisi del rischio, la creazione di nuovi prodotti, la localizzazione degli sportelli, e per stimolare lo sviluppo di nuove applicazioni con partner esterni.