PEOPLE | 10 Nov 2016

Come cambia la conduzione radiofonica con i dati? Intervista a Massimo Cerofolini

Il conduttore Radio Rai 1 di Eta Beta, affermata trasmissione sul digitale, parla di come i dati hanno cambiato la sua professione

“Se penso a come il digitale e la disponibilità di dati che ne consegue ha cambiato il mio lavoro non posso che elencare elementi di vantaggio”.

Così esordisce Massimo Cerofolini, conduttore radiofonico di una delle trasmissioni sul digitale più conosciute e seguite: Eta Beta, in onda dal lunedì al venerdì su Radio Rai 1.

Oltre alla straordinaria possibilità di avere a disposizione informazioni in tempo reale, cosa alla quale non si pensa più ma che rappresenta una grande ricchezza per chi fa un lavoro come il mio – continua Cerofolini – quello che più apprezziamo è la disponibilità, attraverso i social per esempio, di un feedback immediato e un riscontro del gradimento o meno degli argomenti proposti”.

Parlando con Massimo veniamo a sapere che il sistema di monitoraggio degli ascolti radiofonici non somiglia per niente all’Auditel televisivo: rilevazioni ogni 4 mesi fatte su un campione di ascoltatori contattati telefonicamente a casa (quando la maggior parte di chi ascolta ormai lo fa in mobilità e fuori casa) e su una fascia oraria forse troppo estesa di 15 minuti che non consente di definire con chiarezza se una trasmissione è più ascoltata di altre. “Purtroppo – afferma Cerofolini – questi numeri non ci dicono molto su quello che gli ascoltatori si aspettano da noi. Sappiamo di avere un 600-700 mila ascoltatori ma fino all’avvento dei social ci mancava completamente il confronto con le persone”.

cerofoliniAltro vantaggio del digitale indubbiamente l’abbassamento di quelli che si chiamano gradi di separazione, ovvero la possibilità di raggiungere facilmente le persone con cui vogliamo entrare in contatto. “Oggi per me è facilissimo: mi basta inviare un messaggio su Facebook per avere un ospite in trasmissione il giorno dopo. Una cosa che, avendo vissuto il “quando non c’era”, apprezzo davvero tanto. Come quella di poter verificare la resa radiofonica, il ritmo e la scioltezza del linguaggio, delle persone da invitare in pochissimo tempo dando uno sguardo semplicemente su Youtube”.

Il digitale che entra nella radio supporta pure la costruzione di una community più vasta, costituita anche da persone che non si sarebbero mai raggiunte nella maniera tradizionale. “La messa on line dei podcast – continua Massimo – permette anche a chi non ha la possibilità di collegarsi per ascoltarci all’ora in cui andiamo in onda di “recuperare”. Con i podcast, per i quali noi registriamo oltre 3mila download giornalieri, riusciamo a raggiungere persone che non ascoltano d’abitudine la nostra emittente ma che sono interessate agli argomenti che trattiamo. In più, grazie al sistema delle condivisioni possiamo raggiungere anche quelli che non hanno mai ascoltato Radio1”.

Quali gli argomenti sul digitale più apprezzati?

Sicuramente quelli che riusciamo a proporre in modo semplice e per i quali le persone trovano un riscontro in termini di utilità. Sicuramente le puntate andate meglio sono state quelle su cybersecurity e domotica oltre che quelle in cui gli ospiti riescono a dimostrare in pochi minuti competenza, preparazione e capacità di comunicare in modo diretto, semplice. Oltre a internet riceviamo molti feedback su sistemi più tradizionali, gli sms. E questo mezzo tradisce un pubblico meno aperto all’innovazione. Dai messaggini, infatti, riceviamo soprattutto la voce degli ipercritici, di quelli contrari a ogni forma di modernità, quelli che credono che l’Intelligenza Artificiale, la sharing economy o la robotica taglino soltanto posti di lavoro o portino comunque soltanto minacce oscure. I commenti di persone spaventate, che manifestano un rifiuto nostalgico in difesa di quello che non c’è più sono quelli che più frequentemente ci troviamo ad “ascoltare”.

Come si parla di Big Data in una trasmissione come Eta Beta?

Il termine Big Data è un termine freddo, astratto, che di suo non suscita certo interesse. Per questo per parlarne dobbiamo cercare qualcosa che possa fare “da ponte” con gli ascoltatori., qualcosa che riscaldi l’esperienza. Come quando per proporlo abbiamo raccontato della possibilità di migliorare le prestazioni delle squadre di calcio attraverso i Big Data oppure quando abbiamo detto che proprio attraverso i dati a disposizione si può, per esempio, curare una persona non da protocollo medico ma con un approccio personalizzato e quindi indubbiamente più efficace.

In pratica, per raggiungere le persone e far capire loro quanto il dato oggi possa migliorare le loro vite, è necessario passare per le loro storie. E a proposito di questo, una delle cose che più mi colpisce nel mio programma è costatare come dietro quasi ogni startup, quasi ogni innovazione, ci sia un problema personale, più o meno grave da risolvere: la malattia di un parente, un taxi non trovato di notte, la minaccia di uno stalker, una discarica abusiva di scarti alimentari possono creare visioni pessimistiche e lamento, oppure dare vita a soluzioni tecnologiche, app o servizi digitali.

L’importante è che ci siano occhi capaci di guardare il mondo con fiducia, passione e un senso laico di spiritualità. E per me questa è la parte più bella del mondo che ogni giorno proviamo a raccontare.