TECH | 13 Dic 2018

Crescono gli investimenti su Big Data & Analytics: come e perché?

Secondo Assintel Report 2019 gli investimenti per dare valore ai dati raccolti da parte delle aziende aumentano del 26% rispetto al 2017. Intervista alla direttrice dei Knowage Labs Grazia Cazzin

30 miliardi di euro, una crescita dello 0,7% rispetto al 2017 e una prospettiva di incremento dell’1,6% nel 2019. Con questi dati si presenta Assintel Report 2019, che mette in evidenza una maggiore consapevolezza, anche da parte delle aziende di medie dimensioni, dell’importanza dell’ICT come strumento per migliorare il proprio livello di competitività sul mercato di riferimento.

Acceleratori di innovazione individuati dal rapporto sono il Cloud (+25%), l’Internet of Things (+18%), l’Intelligenza Artificiale (+31%), la Realtà virtuale e aumentata (+72%), i Wearable (+43%) e i Big Data e Analytics (+26%).

Un business data-centrico?

“Il concetto di modello di business data-centrico – si legge nel rapporto – inizia a manifestare segnali di concretezza e sta aprendo la strada in tutti i settori economici a nuovi scenari competitivi, con risvolti anche sugli investimenti IT”. Analisi, gestione, valorizzazione di dati e informazioni, amplificati da Machine Learning, Big Data e Analytics, e basati su nuove architetture e infrastrutture cloud-ready, sono tra i segmenti più dinamici nelle previsioni 2019. Cercare valore nel dato è una delle sfide più importanti delle aziende italiane, considerato che la crescita del volume globale dei dati stima il raggiungimento della cifra record di 163 zettabyte nel 2025.

Tra i mercati che registrano un segno positivo nel 2019, secondo Assintel Report ci sono quelli legati ai software per la gestione dei dati, tra cui Data Management Software, Dynamic Data Management Systems, Persuasive Content Management e software per la sincronizzazione e la condivisione dei dati (File Synch & Sharing). In crescita anche la spesa per analizzare e processare i dati, trasformarli in informazioni e generare valore aggiunto.

Quanto si investe per dare valore ai dati?

La spesa per Big Data & Analytics (BDA) in Italia raggiungerà nel 2018 i 348 milioni di euro, con una crescita del 26% rispetto al 2017, e continuerà anche nel 2019 arrivando a superare i 400 milioni di euro. Entro il 2019, gli investimenti riguarderanno strumenti utili a conoscere l’orientamento e le opinioni dei clienti per bilanciare le linee di produzione e le campagne promozionali.

“Sicuramente – afferma Grazia Cazzin, direttrice dei Knowage Labs e responsabile dell’offerta del Centro di Competenza Big Data Engineering nell’ultimo anno la richiesta di soluzioni di Big Data & Analytics è aumentata sensibilmente e il tema si colloca a diverso titolo in quasi tutti i contesti targati come innovativi. Questo attesta che la fase di curiosità è stata attraversata e ci si è incamminati verso reali percorsi di adozione, perché consapevoli delle potenzialità o perché convinti dal successo di coloro che, sfruttando questo canale con determinazione, stanno trasformando il modo di fare business”.

Non sono escluse dall’interesse verso i dati le medie aziende che, secondo il report, avvertono la necessità di comprendere come sfruttare le potenzialità delle informazioni raccolte in ottica predittiva.

 

Cosa ci riserva il futuro?

Entro i prossimi due anni ai CIO (quali principali riferimenti per il controllo e la gestione dei sistemi di analytics) si affiancheranno nuove funzioni di Chief Data Officer e di Data Scientist, con specifiche competenze nella gestione di team multidisciplinari o nella modellazione di progetti di ampio respiro.

Per far fruttare la potenzialità dei Big Data & Analytics nel nostro Paese – continua Cazzin – occorre ancora un salto culturale che spesso la stessa IT fatica a compiere, storicamente abituato a operare partendo dai processi anziché dai dati. Serve rafforzare quella cultura data-driven che spesso si scontra con metodi e modelli di misura inadeguati perché pensati per i più tradizionali paradigmi di sviluppo del software, anche se con l’universale accettazione della metodologia Agile (che pur non nascendo per sviluppi data-driven, ha ormai sdoganato il principio delle molteplici iterazioni per affinamenti successivi con revisione periodica dei costi) il cambiamento è sicuramente stato innestato.

Serve anche lavorare sulla domanda che dal dubbio è passata all’entusiasmo o alla sfida ma che, senza un adeguato grado di consapevolezza, fatica a esprimere (e quantificare) il reale bisogno. Serve coraggio negli investimenti perché le sperimentazioni nei temi di advanced analytics sono costose: devono sempre affrontare uno spazio di specificità della singola realtà, determinante per la soddisfazione finale, che può anche portare a strade di sviluppo non facilmente valutabili. D’altro canto è fondamentale la capacità di rendere comprensibili risultati estremamente complessi, per poterne fruire nei processi reali e, in definitiva, avere un ritorno misurabile dagli investimenti auspicati. Per arrivare a questo bisogna anche lavorare sulla capacità di astrazione e di comunicazione che spesso gli iper-specialisti (dai tecnologi ai Data Scientist) faticano a esprimere, abituati a un confronto di settore dove però il tipo di attività richiede una interdisciplinarietà di approccio e un linguaggio meno preciso ma più efficace nello scambio e per la reciproca comprensione”.

Sonia Montegiove