“Storicamente, se pensiamo ad esempio allo sviluppo dei protocolli di comunicazione per Internet, l’ambiente delle reti della ricerca ha creato o anticipato le tecnologie: per questo possiamo dire che la ricerca ha una posizione d’avanguardia”. Mauro Campanella, responsabile ricerca e sviluppo internazionale del GARR, la rete italiana a banda ultralarga dedicata alla comunità dell’istruzione e della ricerca, spiega in questo modo il ruolo del consorzio rispetto all’innovazione.
“In questo periodo stiamo facendo ricerca anche su Intelligenza Artificiale e machine learning, attività che definirei semplicemente necessaria. Necessaria laddove, grazie all’automazione e all’apprendimento automatico, si può evitare che persone svolgano mansioni ripetitive e utilizzare tali tecnologie per amplificare il proprio raggio di attività, come nel nostro caso. Ciò che conta – continua Campanella – è che non si confonda mai il termine intelligenza riferito alle macchine con il termine intelligenza riferito invece all’uomo, perché parliamo di cose completamente differenti.”
Quanto di vero e quanto di falso c’è nella percezione che oggi si ha rispetto al possibile legame perdita di lavoro-robotizzazione?
“Distinguerei fra le potenzialità della tecnologia e l’uso della tecnologia. L’essere umano sta sviluppando molto velocemente possibilità di trasmettere informazione (Internet), produrla ed elaborarla (calcolatori miniaturizzati e potenti) e memorizzarla (memorie di silicio) e sempre in grande quantità. Su questa base può efficacemente funzionare software molto complesso che solo pochi anni fa era troppo sofisticato per essere di uso comune. Senza considerare, poi, gli sviluppi che si sono avuti anche sul lato hardware e sulla capacità di calcolo oltre che di conservazione e trasporto dei dati. Un esempio è il nostro cellulare, che è anche un calcolatore molto potente, ora nella nostra tasca. La mia esperienza è che questi strumenti stanno cambiando il modo di svolgere ogni compito, e aprono nuove possibilità, alcune delle quali molto positive come comunicazione, ricerca e istruzione. Inoltre, per la loro natura digitale questi nuovi strumenti sono adatti a essere usati in ogni ambiente umano e hanno particolare successo in quelli che sono automatizzabili: dalla guida, alla medicina, alla pratica forense. Chiaro che come per ogni nuovo strumento, o comunque azione umana, un uso ambiguo e cambiamenti sono probabili. Siamo quindi di fronte ad un cambiamento radicale che influenza le nostre vite, anche culturale, nel rapporto tra l’essere umano e la tecnologia. La tecnologia affiancherà sempre più l’essere umano. Regolarla senza inibire il progresso e l’innovazione in campi come la medicina è la sfida.
Come ultima nota, a mio parere, l’Intelligenza Artificiale si è sviluppata veramente da quando si è rinunciato alla volontà di crearla con algoritmi e abbiamo lasciato che i sistemi potessero evolversi “autoapprendendo”. La nuova tecnologia di machine learning è per questo particolarmente innovativa: modifica radicalmente l’approccio tradizionale basato sulla descrizione iniziale da parte dell’uomo del compito, visto che questa è sostituita da un apprendimento (per esempio attraverso “reti neurali” in silicio) e creazione da parte della macchina, con o senza il controllo dell’uomo del metodo per raggiungere uno scopo.
Una grande opportunità, certo, che dovremo comunque monitorare nel momento in cui queste tecnologie venissero applicate a settori in cui l’intelligenza umana è indispensabile. Se pensiamo ad esempio al settore militare, o a quello delle armi in generale, ci rendiamo conto del possibile pericolo e del fatto che è probabilmente presto per “automatizzare” in questo settore. Ecco perché è necessaria una grande cautela e lo sviluppo di un’etica sia nell’uso dei dati, della tecnologia e soprattutto dei risultati”.
Quali i settori che più di altri saranno completamente trasformati in futuro? Come prepararsi a questo?
“Probabilmente tutti i settori che possono essere automatizzati vedranno cambiamenti progressivi e costanti. Non solo l’automazione industriale, ma anche quella del terziario, come ad esempio le banche che sempre più sostituiscono persone allo sportello, a volte non tenendo conto della necessità di competenze digitali da parte degli utenti che rischiano in questo modo l’esclusione, come gli anziani.
La preparazione non sarà facile: penso ad un insieme di adattabilità a cambiare il compito aggiornandosi alle nuove tecnologie e soprattutto penso alla formazione scolastica, che dovrà passare da formazione mnemonica a capacità di gestire l’informazione e aggiornarsi costantemente. I nostri sistemi di istruzione si dovranno adattare e dovranno farlo in tempi rapidi: se pensiamo al numero di iscritti agli istituti tecnici della Germania rispetto a noi ci rendiamo conto quanta strada dobbiamo ancora fare da questo punto di vista.”
Quanto conta oggi la cultura del dato?
“Il dato iniziale è oggi monetizzato costantemente da aziende che lavorano in rete (per esempio le grandi Google, Amazon, Facebook ed altre) e il valore intrinseco nell’informazione è aumentato dalla sua analisi, in particolare quando è legato e incrociato in grande quantità.
La cultura del dato ha tanto più valore tanto più la si accompagna ad una comprensione attraverso il metodo scientifico che tiene conto di chiarezza su sorgenti e metodologie ed analisi e rigorosità nel trattamento. In questo senso ho l’impressione che al di fuori di campi ristretti, quello scientifico e l’industria d’eccellenza, l’analisi rigorosa del dato ed una cultura che punti alla sua correttezza e centralità non sia sufficientemente diffusa e condivisa in Italia.
Non è solo per motivi economici, ci sono esempi di applicazione dell’analisi di gradi quantità di dati, forniti per esempio all’arte, che hanno offerto sia nuova cultura (come nel caso delle opere viste a varie lunghezze d’onda), che nuova comprensione dell’arte (pensiamo a L’ultima cena rivista digitalmente da Greenaway) e ne hanno dimostrato il valore.
A parte nella ricerca scientifica, che ha sempre basato il processo sul dato, la sensibilità rispetto all’importanza del dato è cambiata a macchia di leopardo, con alcune aziende che cominciano ad usare estesamente le informazioni ed altre che sono ancora molto distanti. Se pensiamo alle carte fedeltà, per esempio, comprendiamo quanto i dati che attraverso queste sono raccolti (non certo da oggi) possano rappresentare una fonte di informazione preziosa che finisce per “controllare” non solo il supermercato che vende ma anche le aziende che con esso lavorano. Le aziende devono acquisire consapevolezza rispetto al fatto che il dato è alla base dell’automazione e ottimizzazione dei processi e sempre più avrà un peso fondamentale nelle scelte, riducendone anche i tempi.”
Quali i progetti GARR in programma che ritiene più interessanti?
“Prepararsi al cambiamento è indispensabile per il GARR per servire le richieste della ricerca e dell’educazione. Abbiamo avviato un interessante progetto, ELISA, che possa ripensare l’infrastruttura ed i servizi, utilizzando proprio quelle tecnologie che ci consentono oggi l’automazione e il machine learning. Se pensiamo agli apparati di rete, per fare un esempio, ci rendiamo conto che dal punto di vista dell’hardware hanno una struttura comune. E questo ci porta a dire che in molti casi si potrebbero usare componenti simili e un software che li virtualizzi, per avere più modularità , flessibilità, e adattabilità a nuove esigenze. L’automazione, del resto, presenta questo come vantaggio primario: la possibilità di far cambiare processi e servizi in tempi rapidi, visto che aggiornare un software può richiedere tempo e risorse minori rispetto al dover “cambiare” macchine o aggiornare completamente esseri umani. Lo scopo che abbiamo come GARR e che tutte le aziende che si innovano hanno, è proprio quello di offrire di più con risorse anche inferiori.
Nel “trasformare” la nostra rete mi piace sottolineare il fatto che è prevista una collaborazione stretta con gli utilizzatori e le altre reti europee, per offrire le stesse possibilità ad ogni utente, indipendentemente dal luogo in cui si trova.”
Sonia Montegiove