CHE COS’È
Big Data, secondo il dizionario Treccani, è “un ingente insieme di dati digitali che possono essere rapidamente processati da banche dati centralizzate”. Secondo il Cambridge Dictionary è invece “un ingente insieme di dati prodotti dalle persone che usano la rete e che possono essere conservati, compresi ed utilizzati soltanto grazie all’aiuto di strumenti e metodologie speciali”. Secondo Wikipedia è “un termine adoperato per descrivere una raccolta di dati eterogenei, strutturati e non strutturati, definita in termini di volume, velocità, varietà e veridicità”. Altre “V” vengono aggiunte alla bisogna in altre definizioni (da Variability a Veracity, da Visualization a Value a… Vattelappesca).
L’eterogeneità delle definizioni e l’inesattezza che trova picchi nelle fonti ufficiali (Treccani: banche dati centralizzate? Mica è detto! Cambridge Dictionary: prodotti da persone? E l’Internet of Things?) evidenzia una complessità interpretativa che talvolta (anzi sin troppo spesso) porta il concetto di Big Data ad essere stiracchiato per come serve.
In generale, il concetto esprime la complessità di un mondo che produce una grande quantità di dati particolarmente eterogenei che variano con grande velocità e che vanno interpretati secondo tecniche di analisi (big data analytics) basate sull’estrapolazione di inferenze non lineari tra i dati analizzati. Spesso (anche in questo caso sin troppo) chi parla di Big Data si riferisce alla Big Data Analytic.
PERCHÈ SI USA
I Big Data possono essere utilizzati in tutte quelle patologie ove sia importante evidenziare correlazioni non lineari tra dati e informazioni. Dal marketing alla medicina, dalla politica alla meteorologia, dai flussi di traffico nei contesti urbani all’indice di rischio per un’assicurazione sulla vita. Si usa per evidenziare collegamenti tra dati apparentemente scorrelati, identificare tendenze, intercettare andamenti.
QUANDO DEVE ESSERE USATO
Il termine Big Data non va usato con riferimento a strumenti della dimensione e della complessità della propria agenda del telefono, con i numeri degli zii e dei parenti. In generale non deve essere usato ogni qual volta ci si riferisca a dati che di “big” non hanno nulla in termini di volume, di varietà, di velocità e/o di un insieme a piacere delle “V” citate al paragrafo “Che cos’è” del presente bugiardino.
È raccomandabile non ricorrere ai Big Data e alle tecniche di analisi che su di essi si basano quando non si vogliono ottenere risultati imprevisti, quando non si ha la necessità – o il coraggio – di voler guardare alla realtà da una prospettiva interpretativa diversa da quella ordinaria, quando non si vogliono davvero identificare inferenze che possano modificare i nostri programmi.
COSA PUÒ MODIFICARE L’EFFETTO DEL FARMACO
L’effetto del farmaco può essere modificato, riducendone l’efficacia sino ad annullarla, se assunto in mancanza delle necessarie accortezze. In particolare se assunto senza tener conto della tipologia e della qualità dei dati da prendere in considerazione e delle modalità attraverso le quali garantirne la disponibilità nel tempo. L’effetto può essere modificato anche in caso di assunzione irregolare, effettuata al di fuori di un piano di cura strutturato e organico.
COME USARE QUESTO MEDICINALE
Quanto
Big Data può essere assunto in quantità considerevoli purché non si perda di vista la tipologia specifica del principio attivo. Non è dannoso per la salute, tranne nei casi descritti al punto “Precauzioni d’impiego” e al punto “Effetti indesiderati”.
Quando e per quanto tempo
Big Data può essere assunto con regolarità, anche in piccole dosi per lungo tempo. Non genera dipendenza. I benefici della lettura e dell’analisi dei dati in alcuni casi possono essere immediati, in altri – in funzione della fisiologia di chi lo assume – possono richiedere più tempo per essere accettati. In alcuni casi, infatti, l’assunzione di Big Data genera effetti immediati in virtù della possibilità di guardare in modo nuovo a fenomeni che si ritenevano noti. In altri casi la capacità di guardare in modo nuovo a fatti e fenomeni che si ritenevano consolidati può richiedere diverso tempo, anche per contrastare l’effetto placebo derivante dalle letture consolidate.
Come
Big Data può essere preso in qualunque momento della giornata, della settimana, del mese, dell’anno. È ideale se assunto seguendo un approccio olistico, per il quale ogni azione (riscontrabile nei dati che produce) impatta sulle altre e, dalla lettura dei dati prodotti, si può comprendere il modo migliore di agire, secondo il principio per il quale le funzioni fisiologiche coinvolte sono intercorrelate.
COSA FARE SE AVETE PRESO UNA DOSE ECCESSIVA DEL FARMACO
Nel caso di uso eccessivo dei Big Data si corre il rischio di perdere di vista il punto di partenza del principio attivo: le tecniche di analisi basate sui Big Data privilegiano l’identificazione del “cosa succede” piuttosto che del “perché succede”. Ciò può generare effetti allucinatori per i quali ci si convince che è sufficiente un’analisi del “cosa” piuttosto che la comprensione del “perché”. In questi casi è bene compensare l’utilizzo dei big data con dosi crescenti di business intelligence.
EFFETTI INDESIDERATI
Gastrite, irritabilità, forte acidità di stomaco, dolori addominali nei soggetti sensibili all’emersione di chiavi di lettura impreviste per le informazioni delle quali si dispone. In rari casi effetti allucinatori dovuti alla necessità di spiegare evidenze che emergono e per le quali non si ha abbastanza tempo, capacità o voglia di interrogarsi sul perché.
Sonia Montegiove – Stefano Epifani