TECH | 4 Mar 2020

Ecosistemi digitali sicuri al tempo dell’economia dei dati

Cefriel, PoliMI ed Engineering al lavoro per la definizione e l’adozione di nuovi standard certificati per la condivisione dei dati

“In una società il cui modello economico è basato sui dati, non possiamo non preoccuparci di standard sicuri di condivisione degli stessi, che ne consentano l’uso da parte di altri in modo coerente con i vincoli imposti dal proprietario”.

Dario Avallone, R&D Director di Engineering e primo italiano nel board dell’associazione International Data Spaces Association, sintetizza così il lavoro portato avanti da IDSA a favore della definizione di una politica economica europea che consideri la sovranità dei dati come elemento imprescindibile per proteggere e mantenere la competitività, in uno scenario internazionale in cui gli equilibri tra i Paesi risultano sempre più impattati dalla rilevanza delle tecnologie.

“Se è vero che a livello industriale e non solo dobbiamo spingere sulla costruzione di ecosistemi digitali, è vero anche che dobbiamo preoccuparci della modalità con cui le informazioni vengono condivise proprio per evitarne usi impropri” – continua Avallone. “Volendo fare un esempio collegato all’attualità, qualora si  avesse la necessità di condividere dati sanitari riferiti alle persone affette da Covid-19, condivisione preziosa per le strutture sanitarie e per i ricercatori, non potremmo non pensare all’assoluta necessità di tutelare quei dati affinché non finiscano nelle mani sbagliate. E per fare questo c’è bisogno di tecnologie in grado di blindare i contenuti, soprattutto se la condivisione viene effettuata su scala nazionale e internazionale da una pluralità di attori”.

Quali le azioni in concreto che saranno sviluppate?

Le attività di IDSA saranno portate avanti in Italia da Cefriel, scelta come hub italiano dell’associazione, da Politecnico di Milano ed Engineering, tra le prime associate a livello internazionale e promotrice in Italia della sua missione.

“IDSA – spiega Avallone – nasce come associazione di grandi industrie tedesche, che si sono poi aperte alla partecipazione di altri soggetti, quali per esempio gli enti di ricerca, e di altri Paesi come l’Italia, appunto, la Spagna, la Francia, il Portogallo e la Finlandia. Questo perché c’era bisogno di un confronto allargato, che si estendesse all’Europa e potesse anche andare oltre l’Europa per definire regole e standard certificati necessari per permettere ad aziende, enti pubblici e privati di condividere informazioni in modo sicuro e interoperabile all’interno di ecosistemi digitali”.

I membri dell’International Data Spaces Association hanno lavorato in questi mesi e continuano a lavorare a fianco dei Governi Nazionali, della Commissione europea e delle aziende europee, affinché possano essere presi tutti i provvedimenti necessari a far sì che i consumatori in Europa non rinuncino alla loro privacy, utilizzando prodotti e servizi di aziende globali non soggette alle medesime regolamentazioni europee, e perché le imprese europee non rischino di perdere risorse cruciali per la creazione di valore.

Questo si traduce nello sviluppo di un software, che si chiama “Connector”, fortemente personalizzabile che permetterà di fruire di dati nella certezza di essere compliant rispetto allo standard.

Questa investitura da parte di IDSA aggiunge Alfonso Fuggetta, AD di Cefrielè per noi di Cefriel un importante riconoscimento delle nostre competenze e del nostro lavoro in Italia e all’estero. Attraverso l’hub, Cefriel si farà capofila dell’ecosistema italiano, supportando IDSA nella definizione di regole condivise e approcci da proporre alle aziende che possano semplificare, così come è già stato con il progetto dell’Ecosistema Digitale 015, la condivisione di dati in modo sicuro.”

Quali gli aspetti tecnici?

“Le sperimentazioni fatte finora – spiega Angelo Marguglio, Head of Smart Industry and Agrifood Unit di Engineeringdi base non vincolano le scelte tecnologiche da porre in essere. Alcune componenti, infatti, sono state realizzate utilizzando blockchain, mentre altre no. Al momento abbiamo circa 25 sperimentazioni, in particolare nei settori energy e manufacturing, con le tecnologie più disparate. Grande lavoro sarà, poi, dedicato alla certificazione di uno standard utile allo scambio sicuro dei dati.”

“Ciò che abbiamo definito e ribadito anche nel corso dell’ultimo board – puntualizza Dario Avallone – è il fatto che il software “Connector” dovrà essere rilasciato in open source, ovvero a codice aperto, consentendo in questo modo massima trasparenza di funzionamento e soprattutto possibilità da parte della comunità di sviluppatori di migliorare il software e monitorarlo costantemente affinché non si possa mettere codice malevolo. Lavorando a questo importante progetto siamo convinti si possa dare la spinta che serve alla crescita di ecosistemi digitali in cui al centro c’è il valore del dato, che deve essere difeso per poter essere usato da industrie, imprese e cittadini nel migliore dei modi”.