Probabilmente tutti sapete come è fatto un iceberg, un enorme blocco di ghiaccio che galleggia nei mari più freddi. Poiché la densità del ghiaccio è di circa 920 kg/m3 e la densità dell’acqua di mare è di circa 1025 kg/m3, indicativamente il 90% del volume di un iceberg rimane nascosto sotto la superficie dell’acqua, mentre l’altro 10% rimane visibile in quanto emerso.
Adesso immaginiamo, piegando con la fantasia le leggi della fisica, che questo iceberg possa essere rovesciato, con la parte più piccola sotto il livello dell’acqua e la parte più grande completamente emersa e visibile.
Proviamo adesso a fare un ulteriore sforzo di fantasia e associamo i concetti di “innovatività” e di “affidabilità” rispettivamente alla parte immersa, ricordate che è quella più piccola perché nel nostro esercizio l’iceberg è rovesciato, e alla parte emersa, più grande, del nostro strano iceberg.
Ora dovrebbe essere tutto un po’ più chiaro, si tratta di Innovation Management, la fisica non c’entra e nemmeno il ghiaccio.
Il concetto di “innovatività” è legato alla percezione che i nostri interlocutori hanno della nostra capacità di essere innovativi, di avere una visione multidisciplinare dei processi d’innovazione, che non sia esclusivamente tecnologica, ma di più ampio respiro, legata al business e centrata sull’utilizzatore finale. È un concetto legato alla capacità che la nostra organizzazione ha, o dovrebbe avere, di pensare fuori dagli schemi, di proporre soluzioni di business derivate dall’esperienza proveniente da altri mercati e correttamente adattate sui nuovi, in modo non banale e alla ricerca di nuove opportunità di business per le aziende e di nuovi servizi da offrire a consumatori finali e cittadini.
Il concetto di “affidabilità” invece è legato alla percezione che i nostri interlocutori hanno della nostra capacità di gestire al meglio le attività mainstream, la nostra offerta tradizionale, i prodotti e i servizi che abbiamo nel nostro catalogo, la stima e la fiducia che ripongono in noi quando ci affidano un’attività delicata, spesso sul cammino critico di progetti molto più ampi e che magari rappresentano spesso il core business del nostro cliente.
Il problema
La cosa interessante è che spesso chi guarda le aziende da fuori, da un punto di osservazione esterno all’organizzazione e che coincide inevitabilmente con quello del cliente, le vede esattamente come un iceberg rovesciato, riesce cioè a vedere e giudicare esclusivamente l’affidabilità di un’organizzazione sulla base dell’esperienza diretta o della rappresentazione di se stessa che l’organizzazione riesce a trasmettere al suo mercato di riferimento.
Dallo stesso punto di osservazione, sfortunatamente, è molto più difficile vedere le attività legate al concetto di “innovatività”, perché sono nascoste e più difficili da collocare concretamente e immediatamente sul mercato, soprattutto se si tratta di tecnologie o modelli davvero innovativi e il cui livello di maturità industriale è ancora basso. Comunicare l’innovazione è molto più difficile che comunicare le attività tradizionali, per le quali è spesso sufficiente dimostrare sul campo i risultati del lavoro che si compie quotidianamente. Comunicare l’innovazione significa invece spesso individuare insieme al cliente, in una relazione che evolve e diventa spesso di partnership, come nuove tecnologie, metodi o modelli possano fornire un contributo reale alla crescita del business di tutti gli attori coinvolti nel medio e lungo periodo.
Molti considerano questo un problema secondario, ma non lo è affatto. Non bisogna dimenticare mai che i ricavi di oggi si fanno con le tradizionali attività mainstream, ma i ricavi di domani si faranno grazie all’innovazione di oggi e si faranno soltanto se oggi la nostra organizzazione è in grado di essere innovativa e di essere percepita come tale dal suo mercato di riferimento.
Le due dimensioni dell’innovatività
L’innovatività di un’organizzazione è una caratteristica complessa e può essere misurata utilizzando numerosi indicatori, KPI che spesso dipendono anche dalla tipologia di organizzazione, dal mercato a cui questa si rivolge e dal grado di maturità delle soluzioni innovative che propone sui diversi mercati.
In ogni caso l’innovatività ha due diverse dimensioni attraverso cui può essere misurata, anche se con indicatori diversi, sono: l’innovatività reale, che risponde alla domanda “Quanto siamo innovativi?”, e l’innovatività percepita che invece risponde alla domanda “Quanto il nostro mercato di riferimento ci considera innovativi?”.
Come si può intuire le due dimensioni sono altrettanto importanti e in nessun caso sovrapponibili: è possibile, per esempio, avere aziende che trasmettono una buona percezione della loro innovatività, ma che a tutti gli effetti non hanno vere soluzioni innovative e non sono in grado di innovare il loro business o quello dei loro clienti. Si tratta in questi casi di un’errata percezione indotta da politiche discutibili di comunicazione e a cui i clienti imparano col tempo a stare lontani.
Al contrario esistono organizzazioni con straordinarie potenzialità legate a soluzioni innovative e modelli di business potenzialmente dirompenti, quindi altissima innovatività reale, ma scarsa capacità comunicativa delle attività di innovazione, il che si traduce in una percezione molto bassa dell’innovatività complessiva da parte del mercato, con la conseguenza di ritrovarsi con occasioni di business mancate e talvolta difficoltà nel portare sul mercato quanto prodotto grazie agli investimenti sostenuti.
In questo caso siamo di fronte ad aziende che, dal loro mercato, vengono percepite come indicato in precedenza con la metafora dell’iceberg rovesciato: affidabilità per le attività mainstream e poca innovatività complessiva, questo solo perché l’innovatività percepita è bassa, indipendentemente da quanto sia rilevante l’innovatività reale.
La soluzione
Risolvere questo problema è possibile, anche se difficilmente può trattarsi di operazioni a breve termine, cambiare la percezione che i clienti hanno di noi è facilissimo, ma solo se il cambiamento avviene in negativo a causa di qualche delusione che possiamo generare sulle attività mainstream per le quali il cliente ci aveva accordato la sua fiducia. Cambiare la percezione di un cliente in positivo invece è un lavoro lungo che necessità di concretezza, passione e fiducia reciproca.
La strada da seguire è basata sul procedere in due direzioni tra loro ortogonali, ma che insieme costituiscono un vero cambio di passo rispetto al passato e consentono di aprire enormi opportunità.
- Estrarre completamente l’iceberg dall’acqua in cui si trova. Si tratta di aumentare la percezione dell’innovatività che il mercato ha nei nostri confronti. Estrarre l’iceberg dall’acqua in cui si trova significa mostrare al mondo, e quindi al nostro mercato di riferimento, tutte le iniziative di innovazione che l’organizzazione ha in cantiere ed è in grado di governare, indipendentemente dal loro grado di maturità e dal mercato per cui sono state concepite. Significa presentarsi al mercato come un’unica realtà innovativa anche nei casi in cui si sia grandi e segmentati su mercati differenti, capaci di fare tesoro delle esperienze innovative e proporle su mercati differenti adattandole e contestualizzandole al meglio. Significa, quando si è piccoli, presentarsi al mercato come una parte di qualcosa di più grande, in grado di fornire soluzioni innovative, anche grazie a partnership con altre realtà capaci di padroneggiare al meglio tematiche innovative anche molto verticali o di frontiera, in un vero e proprio ecosistema basato sulla contaminazione virtuosa reciproca.
- Aumentare la quantità e la qualità delle iniziative di innovazione. Si tratta di aumentare l’innovatività reale innescando corretti processi di innovazione all’interno dell’organizzazione. A tal fine è necessario attivare strumenti e iniziative che consentano la nascita di nuove idee e la comunicazione tra persone caratterialmente più predisposte a occuparsi di innovazione o di tecnologie innovative. A questo scopo la comunicazione interna e la condivisione sono strumenti fondamentali per aumentare il numero di opportunità che possono nascere in un’organizzazione. È necessario inoltre effettuare scouting tecnologico e metodologico a tutti i livelli, mantenere relazioni importanti con gli ecosistemi di riferimento sui temi dell’innovazione e fare parte attiva dei gruppi di lavoro internazionali che stabiliscono linee guida e standard, in modo da contribuire a costruire il futuro dell’innovazione e non subire quanto progettato da altri. È necessario infine valorizzare al meglio le nascenti iniziative di innovazione, incanalarle in un processo che consenta loro di uscire dalla logica di un’innovazione esclusivamente tecnologica, e trovare loro una collocazione concreta su più di un mercato, la tecnologia infatti è uno straordinario abilitatore, ma l’innovazione è reale soltanto se genera valore, se contribuisce al miglioramento delle condizioni di vita delle persone e se, come spesso accade, salva delle vite.
L’innovatività complessiva quindi è una caratteristica delle organizzazioni e si può far evolvere, è sufficiente utilizzare gli strumenti giusti che ci consentano di rovesciare un iceberg, estrarlo dall’acqua e cambiarne la forma, e questo si può fare soltanto pensando fuori dagli schemi.
Massimo Canducci