L’Intelligenza Artificiale continua a stupire con le sue mille applicazioni. Ogni giorno ci sono articoli di mercati diversi che ci raccontano utilizzi seri, semiseri, altri serissimi. E proprio recentemente mi sono imbattuta in un altro studio interessante e serio: parlo di un articolo pubblicato dalla PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences of the United State of America.
Interessante e serio il presupposto: poiché utilizziamo i social per comunicare e, quando lo facciamo, mettiamo a nudo – anche in maniera inconsapevole – stati d’animo, rappresentandoli con parole, alcuni studiosi hanno pensato di utilizzare l’analisi dei post di Facebook come primo elemento di studio, per pre-diagnosticare una tendenza alla depressione.
La diagnosi precoce su Facebook
Il problema della diagnosi precoce della depressione si pone negli Stati Uniti, Paese dello studio, come assolutamente rilevante, dato che esso stesso evidenzia che ogni anno una forbice tra il 7 e il 26% della popolazione vive uno stato di depressione, e solo tra il 13 e il 49% di loro riceve un trattamento minimamente adeguato.
Questa bassa capacità di diagnosi ha suggerito al team che ha lavorato sulla tesi la possibilità di valutare e trovare strumenti alternativi per identificare i pazienti a rischio depressione, prima ancora che loro stessi si presentino alla struttura sanitaria.
L’algoritmo che legge la tristezza
Si parte dall’assioma che il linguaggio che usiamo è la cartina al tornasole del nostro inconscio: riferimenti alla tristezza, solitudine, ostilità e un aumento dell’autoreferenziazione, potrebbero indicare una inclinazione a uno stato depressivo.
Il team ha lavorato “a ritroso” su un campione di 683 persone consenzienti, a 114 delle quali era stata già diagnosticata – nella modalità standard – uno stato di depressione, chiedendo e ottenendo il loro consenso a esaminare l’archivio dei post dei Facebook dei 6 mesi precedenti la diagnosi.
Nei primi test l’algoritmo di Machine Learning si è comportato come i questionari di screening esistenti – e attualmente utilizzati per identificare la depressione – ma con l’evidente vantaggio di essere in grado di eseguire l’analisi in maniera discreta e in background.
La lettura dei post dei pazienti che si sono prestati a fare da campione ha dimostrato che un algoritmo, opportunamente addestrato, è in grado di leggere e rilevare comportamenti linguistici tipici delle prime manifestazioni della malattia. Il team ha costruito, infatti, un algoritmo che prende in considerazione vari elementi dei post, tra cui il contenuto, la lunghezza, la frequenza di pubblicazione e la ripetitività.
Ha messo poi in relazione i risultati di “diagnosi” dell’algoritmo con la presenza o meno di depressione di ciascun paziente del cluster di riferimento (diagnosi effettuata con metodologia classica).
Il risultato?
Il risultato dello studio è assolutamente interessante, perché dimostra la capacità del sistema di individuare i sintomi di una probabile depressione con una finestra di anticipo di oltre 3 mesi, rispetto alla effettiva diagnosi (ovvero quando il paziente percepisce il problema e chiede aiuto al medico).
Sebbene questa accuratezza della previsione sia ancora modesta, suggerisce comunque che, magari in combinazione con altre forme di screening digitale non invasive, esiste già il potenziale per sviluppare indicatori dei disordini mentali in anticipo rispetto alla diagnosi effettiva tali da aiutare il paziente prima che la situazione peggiori.
Simona Piacenti