Con il termine Fake News si identificano una serie di notizie e contenuti costruiti con finalità specifiche, molto spesso del tutto divergenti dall’intenzione di fare informazione. Esiste una tassonomia delle Fake News, con diverse declinazioni, che consente di classificare la notizia come propaganda, diffamazione, teoria cospiratoria, bufala ideata per nascondere la realtà dei fatti (hoax), contenuto sponsorizzato (clickbait), satira o hate speech e, infine, semplice errore.
Ciascuna di queste news mette in atto strategie comunicative specifiche e utilizza strumenti di diffusione distinti. I social network garantiscono una veloce propagazione della notizia, anche mediante l’uso di strumenti informatici (in particolare i bot) che pubblicano quest’ultima in maniera massiva. Maggiore è la velocità di divulgazione, più complesso risulta per le agenzie di stampa e i giornali verificarne la veridicità, prima di essere chiamati a darne evidenza.
In particolare nei periodi elettorali si moltiplicano le circostanze di notizie sospette, che possono essere create anche semplicemente contraffacendo immagini, audio e video, inserendoli in contesti diversi da quelli originali, integrando satira a notizie vere, riportando dati numerici scorretti o di difficile riscontro e così via.
Fact-checking come antidoto alle Fake News?
A fronte di una tale varietà d’informazioni, della loro velocità di diffusione e del volume di argomenti coinvolti, sempre più spesso si utilizzano pratiche e strumenti di fact-checking, che ricorrono all’Intelligenza Artificiale su tecnologie Big Data e consentono di agire su larga scala, elaborando dati non strutturati come testo e contenuti multimediali. Il Machine Learning permette di addestrare algoritmi che apprendono la tipica sintassi con cui sono scritti gli articoli fasulli, che risulta senza dubbio più efficace rispetto all’utilizzo di algoritmi specializzati che entrano nel merito del contenuto informativo, difficilmente riscontrabile.
Il fact-checking è un onere a carico dei giornalisti in primis, ma recentemente anche i social network come Facebook stanno prendendo precauzioni integrando strumenti digitali atti alla verifica di foto e video, con lo scopo di ridurre il numero di bufale e di notizie false pubblicate, che hanno recentemente afflitto anche le campagne elettorali di diverse nazioni.
In tutto il mondo proliferano nuove forme di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, che mirano a essere accattivanti e di immediata comprensione: i meme semplificano al massimo le informazioni e vengono scambiate sui social network molto più velocemente e agevolmente di altri contenuti. Per capirne il significato vanno interpretati contemporaneamente testo e immagine aumentando la complessità del fact-checking.
Apprendimento automatico e immagini manipolate
L’apprendimento automatico può essere utilizzato per identificare tre tipi comuni di manipolazione delle immagini: immagini diverse combinate (splicing), clonazione di oggetti all’interno di un’immagine e rimozione di porzioni di immagine. Quando vengono apportate modifiche di questo tipo, si lasciano degli artefatti digitali, come incongruenze nelle variazioni casuali di colore e luminosità create dai sensori di immagine (noto anche come rumore dell’immagine). Unendo due immagini diverse, per esempio, o copiando/incollando un oggetto da una parte di un’immagine a un’altra, questo rumore di fondo non corrisponde, come una macchia su un muro coperto con un colore di pittura leggermente diverso.
Malauguratamente così come evolvono gli strumenti di AI che effettuano i riscontri sulle contraffazioni digitali in post produzione, si fanno sempre più sofisticate le tecniche per generare immagini e video che simulano la realtà: ad esempio le reti antagoniste generative (GAN – Generative Adversarial Networks) sono una classe di algoritmi di Intelligenza Artificiale utilizzati nell’apprendimento automatico non supervisionato, implementato da un sistema di due reti neurali che si sfidano l’una con l’altra finalizzate alla creazione di fotografie che sembrano autentiche per gli osservatori umani.
Nella figura sottostante è riportata una famosa immagine modificata del lancio di un missile rilasciata dal governo iraniano nel 2008.
Le Fake News condizionano le scelte delle persone?
Aumenta il numero di ricerche coordinate da svariate università americane che forniscono le prove di come le Fake News abbiano distorto l’esito delle elezioni a causa del consumo di notizie false durante la campagna presidenziale degli Stati Uniti del 2016. Nello specifico un recente studio del 2018 condotto dalla Princeton University, Dartmouth College e University of Exeter evidenzia come circa un americano su quattro ha visitato un sito web di notizie false, ma tale consumo è stato osservato in modo particolare tra i sostenitori di Trump, che andavano scegliendo notizie che confermassero le proprie opinioni. Questo fenomeno prende il nome di “esposizione selettiva alla disinformazione”. In particolare tra i sostenitori di Trump, il 40% ha letto almeno un articolo da un sito di notizie false su Trump, rispetto ai sostenitori di Hilary Clinton.
L’era della “post verità” in politica e nella formazione dell’opinione pubblica è così ampiamente accettata che esiste un lemma nell’Oxford Dictionary che recita: “In this era of post-truth politics, it’s easy to cherrypick data and come to whatever conclusion you desire”.
Ironicamente diversi sondaggi riportano che, in seguito alla suggestione di teorie cospiratorie presenti sui social, la maggioranza dei cittadini americani è convinta che le Fake News siano proprio diffuse dai canali mainstream di TV e giornali. Il 77% degli intervistati per un sondaggio della Monmouth University nei primi mesi del 2018 ha affermato di ritenere che i principali media tradizionali di televisione e giornali riportino “false notizie”, segnando un netto aumento di sfiducia nei confronti di organizzazioni di notizie di un anno fa, quando il 63% ha registrato preoccupazioni sulla diffusione della disinformazione. Ad avallare questa percezione, anche il presidente degli USA Donald Trump, mediante alcuni memorabili tweet come quello riportato in seguito:
Non solo negli Stati Uniti molteplici esponenti politici affidano a Twitter gran parte delle comunicazioni al proprio elettorato ma, per esempio, l’ambasciata russa di Londra vanta un club digitale che offre agli utenti di Twitter “concorsi regolari e estrazioni a premi” e persino inviti alla residenza dell’ambasciatore in cambio della possibilità di utilizzare il proprio account per i retweet automatici dei post ufficiali.
Il grande interesse sia tecnologico che sociale destato dal fenomeno delle Fake News, per gli effetti dirompenti che sta generando nella realtà attuale, minaccia di tenere banco ancora per diversi anni prima di venire arginato e si può combattere solo sensibilizzando la popolazione.
Monica Franceschini