PEOPLE | 18 Lug 2019

Quando l’algoritmo diventa egoista: intervista a Massimo Chiriatti

Nel libro #Humanless gli impatti che l'Intelligenza Artificiale ha (e avrà) sul nostro lavoro, le nostre vite e il nostro modo di rapportarci con il mondo.

Arriverà una macchina a farci capire che non siamo più gli esseri al centro del lavoro?“. Arriverà o è già arrivato, il momento di comprendere come algoritmi e intelligenze artificiali hanno modificato le nostre vite. Il libro #Humanless. L’algoritmo egoista di Massimo Chiriatti cerca proprio di fare chiarezza su quanto e come sia cambiato il nostro rapporto con le macchine, diventate non più e non solo strumento ma anche compagne di lavoro e di vita. “Il libro – racconta Chiriatti – vuole spiegare in modo semplice le dinamiche, le principali scelte, i rischi e le opportunità della società algoritmica. È pensato per chi sta per scegliere un percorso lavorativo e deve capire come relazionarsi con algoritmi non più passivi, ma attivi; per i policy maker (imprenditori, sindacati, politici) che vogliono capire a cosa porterà la creazione di queste piattaforme basate sull’AI; per chi vuole approfondire l’impatto che gli algoritmi, oltre alla globalizzazione, avranno sul mondo del lavoro“.

Creato, non generato. L’algoritmo, si legge nel libro, è stato cresciuto dall’uomo ed è diventato egoista. “Ne farò vedere delle belle, anzi delle brutte, per i molti errori derivanti da modelli statistici mal calibrati e business model insostenibili“, promette l’algoritmo dalle pagine di #Humanless, per poi tranquillizzare subito dopo: “Troveremo il modo di lavorare insieme per il migliore dei mondi possibili”.

Ci aspetta dunque un futuro roseo, non un mondo dominato dalle macchine e dove l’uomo si sentirà in pericolo, giusto?

“Il problema non è l’Intelligenza Artificiale ma i nostri bias, i pregiudizi che sono amplificati dalle macchine quando prendono le loro decisioni, ciò peggiorerà la situazione. Il tema è: “Come correggere prima noi, per poi correggere l’AI?”. Saper riconoscere i bias, e soprattutto sapere accettarli, è una strada per governare le macchine e trarne il massimo beneficio”.

Quali sono i rischi effettivi, che vanno al di là di una narrazione facile e d’impatto che troppo spesso si legge o si sente? E come possiamo arginarli?

“Il sistema di Intelligenza Artificiale potrebbe non essere in grado di spiegare le motivazioni alla base delle sue conclusioni. Il suo metodo è: aggiustamenti marginali dei pesi numerici, che interconnettono il suo enorme numero di neuroni artificiali, mentre analizza i dati di training in un tempo non più sostenibile per gli umani. Un metodo così diverso da quello usato dagli esseri umani, che a causa di questa intrinseca mancanza di contesto può portare l’Intelligenza Artificiale a interpretare male i dati. L’AI pertanto non può prendere in considerazione i pregiudizi soggettivi, qualitativi, etici o ragionevoli che guidano le decisioni umane. Il pericolo più grande è che, ingerendo nuovi dati, impari in modo esponenzialmente più veloce di noi: è quindi probabile che i suoi errori e le sue deviazioni si propaghino e crescano velocemente. Ciò potrebbe inevitabilmente sviluppare piccole deviazioni che, nel tempo, porterebbero a disastri sistemici. La macchina non sa come è arrivata a suggerirci le informazioni, quindi noi dobbiamo scegliere se usarle”.

Ai dati è attribuito un valore centrale, ma qual è davvero il loro ruolo visto che, come si legge nel libro, “invecchiano prima di noi”?

“Spesso citiamo il potere dei dati paragonandoli alla ricchezza per chi possiede il petrolio, ma esso si è generato dalla stagnazione secolare di fossili ed è in quantità finite. I dati, invece, sono illimitati e si creano esponenzialmente dall’azione di macchine e persone. Dal lato della qualità, una goccia di petrolio è uguale all’altra. Mentre il dato ha sempre una storia, non è fungibile: ognuno è diverso dall’altro. I dati sono beni immateriali e quindi impalpabili, per ottenere valore dalla loro personalizzazione dobbiamo elaborarli per estrarre informazioni e ottenere la conoscenza desiderata. Ma se sono troppo datati non riescono a catturare gli ultimi comportamenti delle persone. I dati devono essere utilizzati appena possibile e quindi soprattutto da chi li produce, così si crea un ciclo virtuoso, una soluzione win-win: da chi li produce, per chi li lavora e a chi infine ne trae beneficio”.

Nel libro si cita la necessità della complementarietà dell’uomo rispetto alle macchine. In cosa l’uomo potrà sempre distinguersi e dare il suo valore aggiunto?

“Ci sarà da vigilare affinché il risultato elaborato dalle macchine sia costantemente neutro o, in altre parole, non sia influenzato e non agisca in funzione dell’autore o dei contenuti. In questo senso questo lavoro di controllo è un’arte più che una scienza. È il giudizio umano a decidere: ce ne sarà sempre più bisogno e varrà sempre di più”.

Quale il consiglio da dare a un ragazzo che oggi deve scegliere il percorso di studi? Quale futuro ci aspetta sul lavoro?

“Prima di tutto non dobbiamo spaventarlo o illuderlo, perché c’è incertezza su quello che può fare l’Intelligenza Artificiale o meglio, aumentata, e soprattutto su quello che può diventare. Qui si cerca di osservare il trend del passato e immaginare le immediate evoluzioni. Gli direi: osserva il rapporto tra le tue relazioni con le persone (numeratore) rispetto alle transazioni che oggi facciamo con altre persone e con le macchine (denominatore). Aumenta il numeratore e il lavoro lo troverai negli occhi dell’altro”.

Sonia Montegiove