Non si parla altro che di dati, in tutte le accezioni. Facendo un passaggio veloce sul vocabolario (quello di carta) si trova: in informatica, la singola informazione codificabile o codificata; ciascuno degli elementi di cui si dispone per formulare un giudizio o per risolvere un problema.
Ma l’informazione più interessante arriva dall’origine della parola. Dato deriva dal latino datum ovvero “dono, cosa data” e nel marketing questa è l’accezione che preferisco.
Il dono del dato
Negli ultimi anni c’è stata una forte inversione di tendenza, e il possesso del dato – che prima consideravamo un bene privato e prezioso – lo abbiamo, coscientemente o incoscientemente, affidato alla rete. Fenomeno quanto meno interessante, per noi che lavoriamo con i cluster o gli insiemi e che improvvisamente ci siamo arricchiti di informazioni che mai pensavamo di poter avere.
Il dato in movimento
Il dato privato diventa “non pubblico”, ma utilizzabile. Qualche anno fa ci si affannava per raccogliere e condensare il dato “statico” (nome, cognome, mail e via dicendo), cercando di trarre il meglio da analisi semplici, cluster monolitici. Insomma, fornendo informazioni, si sparava un po’ nel gruppo con il fucile a pallini, augurandoci che qualche colpo potesse colpire un bersaglio.
Oggi, riprendendo la metafora, siamo su un campo di gioco totalmente diverso. Le persone, attraverso i social, le form, le emoticon, i like e i commenti, arricchiscono continuamente il loro dato primordiale con informazioni preziosissime e legate in maniera indissolubile al tempo e al luogo. Anche prima era così. Ma senza traccia utilizzabile. Quindi per noi non esisteva.
Qual piuma al vento
E allora il nostro dato viene costruito in una modalità dinamica, e si comporta come una marea in perenne movimento, con picchi di informazioni inutili e vortici di dati interessanti. Il vettore del dato, il “chi sono”, si arricchisce con informazioni del tipo: cosa mi piace, cosa mi serve, cosa detesto, cosa approvo o disapprovo, come mi informo, cosa mi interessa. Il tutto in una linea del tempo che mette il “qui e ora” in ogni riga che andiamo ad analizzare. E il “qui e ora” (georefenziazione – sentiment) la fa da padrone su tutto il resto.
E questo nuovo paradigma – il movimento continuo del dato – ha cambiato profondamente la reazione del marketing operativo. I piani triennali e annuali scompaiono. Si naviga con una visibilità al massimo di qualche mese. Si lavora in maniera totalmente diversa, direi quasi fluida, dovendosi di continuo riadattare alle informazioni e agli strumenti e piattaforme utilizzate.
Trasformo ed elaboro
E si corre. Si corre per comprendere, reagire e attuare strategie che siano veloci e mirate. Il marketing si declina quindi in Instant Marketing – che si lega in maniera indissolubile al tempo e alla rilevanza dell’evento da cui prende spunto, in guerrilla marketing – legato alle emozioni e al luogo e in lead nurturing – per seguire i segnali deboli di un interesse nascente che il dato ha regalato. La tecnologia, le dashboard, l’Intelligenza Artificiale diventano le basi essenziali per capire e reagire nei tempi utili.
La creatività torna di moda
E in questo continuo movimento, se la lettura delle informazioni e la loro aggregazione e la tecnologia che le supporta sono la base, l’altezza è certamente costituita dalla creatività e dalla capacità di reazione dei team.
Il dato genera nuovi team
Il team di marketing si allarga, includendo profonde conoscenze tecniche slegate da quelle classiche. Si devono includere nel team competenze su Big Data, Analytics, Data Science e Data Scientist che affiancheranno i grafici, i copy e i SEO/SEM specialist. In un gruppo che non può sopravvivere disgiunto.
La disponibilità del dato, ci ha cambiato. Tira un vento forte, dobbiamo lasciarci trasportare.
Simona Piacenti