MARKET | 1 Mag 2017

Il lavoro? Non è più quello di una volta

Come cambierà il mondo del lavoro da qui al 2020? Quali le competenze richieste?

Il 65% dei bambini che frequentano oggi la scuola primaria farà un lavoro che non esiste ancora. Questo dice “The Future of jobs”, ricerca presentata al World Economic Forum nel gennaio 2016 che prova a delineare il cambiamento del lavoro da qui al 2020. Così scriveva anche Massimo Canducci parlando del futuro che ci aspetta.

Nessuno sa come e se si festeggerà il primo maggio nel 2050, insomma. Di sicuro il cambiamento si sta già vivendo e non si potrà fermare.

Nei prossimi 5 anni a influenzare il lavoro non sarà solo la tecnologia (a partire da mobile, cloud e Big Data) ma anche fattori sociali e demografici come ad esempio la crescita del lavoro flessibile. Questo dicono i responsabili delle risorse umane di 350 tra le maggiori aziende mondiali che hanno partecipato alla ricerca e che rappresentano circa 13 milioni di dipendenti di 15 tra i maggiori Paesi nel mondo (tra cui Cina, India, Francia, Germania, Italia, Giappone, UK e Usa).

Restando nel settore tecnologia i driver di cambiamento che maggiormente incideranno sul mondo del lavoro sono il mobile e il cloud (34%), i Big Data e la possibilità di analizzarli (26%), l’IoT (14%) ma anche il crowdsourcing e la sharing economy (12%).


Alcuni lavori si perderanno a favore di altri: 2 milioni saranno i nuovi posti di lavoro a fronte dei 7 che spariranno. A pagare maggiormente le conseguenze del cambiamento saranno soprattutto i lavori amministrativi e della produzione con 4,8 e 1,6 milioni di posti in meno a favore di altre aree come quella finanziaria, il management, l’ICT. A incidere saranno Intelligenza Artificiale e il machine learning, anche se gli intervistati ritengono che queste tecnologie saranno determinanti a partire dal 2020. Interessante il dato rispetto alla sharing economy che potenzialmente modificherà in positivo e in modo profondo il modo di lavorare e organizzarsi.

Cambiando il mondo del lavoro cambieranno ovviamente anche le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving sarà la soft skill che va per la maggiore insieme a pensiero critico e creatività in ascesa rispetto al 2015.

Quale il rapporto tra Big Data e nuove professioni?

Una indagine del Gruppo Adecco, I Big Data e le professioni del futuro, che ha coinvolto oltre 300 referenti aziendali italiani, ha evidenziato le necessità del mercato del lavoro in termini di “professionisti dei Big Data”.

Tra le figure maggiormente richieste dalle aziende il Big Data Analytics Specialist (63,64%), seguito dal Data Content & Communication Specialist (38,64%), dal Big Data Architect (32,95%) e dal Data Scientist (29,55%). Tutte figure oggi difficilmente reperibili sul mercato (54,76%) oppure inesistenti (42,86%) secondo gli intervistati.

Per colmare il gap tra quella che già oggi è una domanda reale di professionisti che non trova risposta adeguata, la maggior parte del campione intervistato dice di vedere una possibile soluzione nella capacità di avviare partnership tra mondo accademico e imprenditoriale (73,08%), ma anche definendo percorsi di studi che possano coltivare le skill del futuro (41,03%) oltre che condividendo opportunità e best practice con università oltre confine (17,95%).

Ce la faremo? Lo scopriremo solo vivendo, avrebbe cantato qualcuno. Nel frattempo, buon primo maggio.

Sonia Montegiove