TECH | 13 Set 2016

Innovare aumentando la cultura del dato

Quanto conta la cultura del dato in azienda? Quali le linee guida che consentono di aumentarla?

Carlo e Paola vivono insieme da alcuni anni, sembrano una coppia perfetta. Nessuno sa che la loro unione è destinata a finire presto, nemmeno loro. Eppure nella loro “organizzazione familiare” ci sono già a disposizione tutti gli elementi che indicano inequivocabilmente questa direzione. Si tratta, per esempio, dell’utilizzo di una carta di credito in un ristorante, per una cifra non compatibile con una cena solitaria. Oppure delle informazioni di localizzazione contenute nei dati “exif” di una foto su uno smartphone, informazioni che indicano una posizione un po’ troppo distante dal luogo in cui uno dei due avrebbe dovuto trovarsi in quella occasione. Poi c’è un SMS, che comunica un movimento bancario inaspettato, di cui uno dei due non è a conoscenza e che l’altro si preoccupa di far sparire al più presto, senza considerare che tutti i movimenti sono visibili sull’internet banking in tempo reale.

Qualunque organizzazione, sia essa familiare, pubblica o imprenditoriale, non può non considerare il fatto che in ogni istante vengono generati volumi elevatissimi di informazioni. Queste non possono essere ignorate, anzi devono essere gestite al meglio al fine di trarre vantaggio per l’organizzazione stessa in relazione al suo contesto di riferimento.

Per favorire il successo industriale, o il miglior servizio per il cittadino, è quindi necessario comprendere questo fenomeno, imparare a gestire al meglio le informazioni a disposizione e di conseguenza aumentare la cultura del dato.

Questo è un approccio che vede avvantaggiate le aziende giovani e agili, soprattutto quelle più legate alle nuove tecnologie, in quanto più abituate a confrontarsi con business che spesso sono in relazione con dati, metriche, indicatori ed informazioni in genere.

Al contrario le aziende più datate solitamente considerano il dato come uno strumento operativo per veicolare il business quotidiano e molto raramente riescono ad utilizzarlo come strumento strategico in grado di orientare le scelte produttive per il futuro o per indirizzare correttamente i processi di innovazione.

Questa differenza di approccio non è trascurabile infatti, come indicato tra gli altri dal report Fostering a data-driven culture dell’Economist, le aziende che hanno una cultura del dato più radicata e sviluppata hanno spesso performance finanziarie nettamente migliori dei rispettivi concorrenti che non sono in grado di gestire il dato in modo così efficiente.

Questo risultato dipende dal fatto che il dato, se utilizzato in modo opportuno, è un potente abilitatore che consente di prendere decisioni consapevoli basate su informazioni certe, evitando il più possibile le scelte a sensazione, non suffragate da numeri e indicatori.

È importante quindi che i dati siano disponibili e che l’organizzazione sia in grado di sfruttarli al meglio per raggiungere i suoi obiettivi industriali e finanziari.

Viene da chiedersi quindi quali siano le linee guida che consentano di aumentare la cultura del dato all’interno delle organizzazioni, vediamone qualcuna.

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Misurare e memorizzare tutto

Qualunque sia la nostra organizzazione, è importante raccogliere dati nel modo più granulare possibile e che siano dotati di relazioni con il contesto. Questo è molto facile da fare con i dati finanziari, in quanto ogni azienda dovrebbe avere una contabilità accurata. Il compito diventa un po’ più complesso se passiamo ai dati di marketing, per i quali dobbiamo essere in grado di comprendere quali siano i target di riferimento più interessanti e qual è il sentiment del nostro brand. Per non parlare della complessità di analisi dei dati provenienti dalla produzione: quanti pezzi prodotti dalle singole macchine, quanti scarti, quali e quante code tra le diverse fasi di produzione e così via. Dobbiamo dotare i nostri impianti di sensori in grado di raccogliere tutti questi dati e di memorizzarli. Sì, ma dove e come memorizzarli?

Unico punto di aggregazione

Avere tanti dati memorizzati su database diversi che non si riesce a far parlare tra di loro ha l’effetto collaterale di rendere molto difficile la correlazione tra le informazioni. Sapere che c’è stato un incremento degli ordini, e di conseguenza della produzione, senza sapere che tale incremento è l’effetto di una precisa campagna di marketing e dell’aumento della qualità del prodotto è totalmente inutile. I dati devono poter essere messi in relazione tra loro anche se appartengono a domini diversi ed in apparenza scollegati tra loro.

Apertura, trasparenza e condivisione

I dati appartengono all’organizzazione e ne rappresentano un asset importante, siano essi atomici o strutturati, di dettaglio o aggregati. Il renderli disponibili a tutta l’organizzazione, salvaguardando la riservatezza di alcune informazioni in relazione al contesto organizzativo, può contribuire ad avere nuove idee grazie alla diversa prospettiva con la quale i dati vengono visti, capiti ed interpretati. Non è raro infatti che alcune correlazioni tra dati, e quindi tra fenomeni, vengano intuite da persone che, all’interno dell’organizzazione, si occupano di tutt’altro. Per abilitare ulteriormente questo fenomeno è possibile inserire logiche di incentivazione sull’utilizzo innovativo del dato.

Facilità di accesso ed utilizzo

Se vogliamo che uno strumento sia utilizzato, deve essere facile, veloce, intuitivo e possibilmente interessante. Il fornire ai collaboratori un foglio elettronico con centinaia di colonne, o un accesso in sola lettura ad un database sql, è una cosa totalmente inutile ed avrà un unico risultato: non lo utilizzerà nessuno. Se vogliamo che il dato rappresenti davvero un valore, e di conseguenza sia utilizzato al meglio, dovremo fornire ai collaboratori strumenti analitici in grado di poter accedere ai dati in modo facile ed interessante.

Prendere decisioni unicamente sulla base dei dati

Dopo aver raccolto i dati, averli messi in relazione con altri dati, averli memorizzati creando correlazioni, averli resi trasparenti, aperti ed accessibili a tutti, è arrivato il momento di utilizzarli al meglio come strumento per definire scelte strategiche e per individuare nuovi percorsi di innovazione. E’ importante quindi stabilire che ogni decisione, a tutti i livelli, deve essere presa unicamente sulla base dei dati a disposizione, evitando il più possibile le decisioni a sensazione.

La crescita verso una vera cultura del dato è un percorso lungo, che prevede il coinvolgimento di tutta l’organizzazione e che può avere impatti anche importanti sia sulla tecnologia impiegata, sia sulle scelte organizzative. Anche per questo è opportuno coinvolgere tutti i livelli organizzativi e fare in modo che si abituino a prendere decisioni basate sui dati a disposizione.

Del resto, senza dati a sostegno di una decisione, si è soltanto persone con un’opinione.

Massimo Canducci