PEOPLE | 2 Ago 2019

Innovare per dare forma alla materia: intervista a Orazio Viele

Il digitale come leva strategica per l'innovazione finalizzata a migliorare la vita di tutti. Ne parliamo con il Direttore Generale Tecnica, Innovazione e Ricerca di Engineering.

Innovazione, in particolare nel settore IT, vista come capacità di “dare forma alla materia” come gli scultori fanno con un pezzo di marmo. L’idea di cambiamento per Orazio Viele, Direttore Generale Tecnica, Innovazione e Ricerca di Engineering, passa proprio dalla necessità di realizzare soluzioni in grado di migliorare la vita, ovvero “dare forma” alla tanta materia prima disponibile grazie alla continua e irrefrenabile evoluzione dello scenario tecnologico.

Innovazione e Digital Transformation a volte sono usate, sbagliando, come sinonimi. Dov’è l’errore?

“L’innovazione è un processo continuo che si fa in tutti i campi, tecnici e scientifici. La Digital Transformation è un fenomeno temporaneo che, facendo uso delle innovazioni avvenute in campo tecnologico, abilita l’evoluzione dei processi e dei servizi. In altri termini, la trasformazione digitale può essere considerata l’applicazione nella realtà dei frutti dell’innovazione nell’IT, processo continuo, che non si ferma mai. Anche se il termine trasformazione digitale è da poco utilizzato per definire questo trend, gli effetti dell’uso delle innovazioni tecnologiche nella vita quotidiana li viviamo da molto tempo: un esempio su tutti è la diffusione del bancomat che ha radicalmente trasformato l’uso del denaro, incidendo anche sul miglioramento della qualità della vita, non costringendoci più a pianificare il prelievo del contante in banca e riducendo l’uso del contante stesso. Il bancomat è stato frutto di diverse innovazioni tecnologiche, e anche se all’epoca della sua introduzione non si parlò di trasformazione digitale (temine ancora non coniato), può essere considerato a tutti gli effetti un esempio significativo di “trasformazione digitale” di un processo con notevoli riverberi nella vita delle persone”.

Su quali filoni Engineering ha incentrato l’attività di ricerca e sviluppo?

“Negli ultimi quindici anni le nostre attività di ricerca e sviluppo si sono concentrate nel tradurre le innovazioni tecnologiche in soluzioni innovative per diversi settori nei quali riteniamo di esser riusciti a incidere positivamente: sanità, energia, Pubblica Amministrazione e industria.

In particolare nel rapporto cittadino-PA abbiamo lavorato e stiamo ancora lavorando per sfruttare le innovazioni tecnologiche che favoriscono l’applicazione di metodologie di “user centered design”: il cardine di queste metodologie è coinvolgere sia gli erogatori che gli utenti dei servizi nel disegno dei processi che sottendono ai servizi stessi. Grazie alle innovazioni tecnologiche la co-creazione dei servizi insieme agli utenti è divenuta realtà e soluzione, portando al superamento di uno dei problemi annosi dell’IT: il gap semantico tra l’espressione di un requisito da parte dell’utente e la sua traduzione in soluzioni informatiche. Il coinvolgimento dell’utente, che permette l’emersione di bisogni nascosti o non facilmente esprimibili, è favorito da un apparente effetto collaterale dell’innovazione tecnologica: la diffusione dell’uso di dispositivi tecnologici, che ha contribuito a elevare la cultura media informatica dei cittadini, ora maggiormente in grado, rispetto al passato, di descrivere come vorrebbero fruire di un servizio.

Molto abbiamo lavorato all’innovazione dei processi industriali, dove abbiamo introdotto l’Intelligenza Artificiale utile non solo a fare manutenzione predittiva, ma anche a modellare il processo industriale, cambiandolo dinamicamente a seconda del prodotto che si vuole produrre. Questo è possibile ricorrendo al Digital Twin, cioè alla riproduzione digitale di un oggetto, processo o luogo reale, sul quale effettuare tutte le operazioni che verranno poi realizzate nella realtà materiale. All’evidente vantaggio di poter progettare integralmente quanto poi sarà messo in opera nella realtà si associa la possibilità verificare gli effetti di eventuali modifiche da apportare all’oggetto o al processo prima che queste vengano poste in essere.

Altro filone interessante su cui stiamo lavorando è la Cybersecurity, figlia proprio dell’importanza che il digitale oggi ricopre e del considerare la Rete un’infrastruttura critica come l’acqua, l’energia e i trasporti”.

Quali sono le tecnologie più “disruptive”, incisive per le organizzazioni?

“Tre sono le tecnologie che, a mio parere, produrranno gli effetti più significativi: IoT, Big Data, AI, e l’evoluzione dell’uno stimolerà l’evoluzione delle altre. IoT è la tecnologia che, vista in prospettiva, avrà una crescita enorme e condizionerà lo sviluppo delle organizzazioni, rendendo la vita più facile per tutti. Dotare di intelligenza, attraverso la sensoristica, la gran parte di oggetti che utilizziamo e addirittura parti del corpo umano ci consentirà di raccogliere un’enorme quantità di dati, ci darà la possibilità di eseguire azioni di controllo a distanza e di prevenire possibili eventi critici. Il cosiddetto fenomeno dei Big Data, se pur nato sull’onda della diffusione del Web, diventerà ancora più disruptive con la diffusione dell’IoT. Infine, IoT e Big Data stanno stimolando l’utilizzo sempre più pervasivo di tecniche di Intelligenza Artificiale”.

Le aziende italiane, in particolare le PMI, percepiscono il bisogno di innovazione?

“Personalmente ritengo che le piccole imprese facciano molta innovazione di prodotto, ma purtroppo ricorrendo poco alle tecnologie. A livello culturale non riusciamo a comprendere che una leva fondamentale dell’innovazione è proprio l’IT, che è un fattore abilitante anche per la creatività. C’è da dire che anche a livello politico la tecnologia non è percepita come un settore trainante per l’economia, cosa invece scontata per Paesi dove s’investe in innovazione tecnologica per ricoprire un ruolo primario nei mercati mondiali”.

Qual è il ruolo della ricerca nell’innovazione e come viene organizzata all’interno di Engineering?

“I nostri sette laboratori di sviluppo e ricerca negli ultimi anni hanno adottato una strategia che ha consentito l’avvicinamento tra la ricerca e il mercato, storicamente distanti in quanto la prima guarda molto in avanti, mentre il secondo tende a dare risposte a necessità più immediate. Il gruppo investe circa 40 milioni di euro all’anno in ricerca e impiega 420 ricercatori e Data Scientist. Lavoriamo su progetti di ricerca con visione di più lungo periodo e su prodotti verticali, che diventano prototipi da sperimentare sul mercato con tempistiche più brevi. Attraverso i prodotti siamo in grado di veicolare innovazione. Interessante esperimento è quello di aver attivato una rete trasversale di innovatori, ovvero persone in grado di governare il processo di innovazione e scambiare idee ed esperienze. Perché l’innovazione passa anche dalla contaminazione”.

 

Sonia Montegiove