Quando si parla di innovazione e trasformazione dei processi aziendali, non si può non parlare della centralità della formazione e dell’aggiornamento continuo, considerati quali elementi irrinunciabili anche dall’ultimo rapporto The future of Work del World Economic Forum, sia per migliorare le competenze delle persone che lavorano in azienda, che per riqualificare coloro che si trovano a dover svolgere un lavoro diverso da quello che erano abituati a fare.
“Formarsi per non fermarsi”, chiarisce Claudio Biestro, Direttore HR Engineering. “Consentire alle persone che lavorano in un’azienda di acquisire nuove conoscenze e competenze, oltre che di aggiornarsi in modo costante, affinché non restino fuori dal mercato del lavoro, è un modo non solo per portare avanti progetti complessi, come sono quelli di trasformazione digitale, ma è anche un ottimo sistema per garantirsi la permanenza dei talenti assunti”.
Garantire la formazione dei propri dipendenti per aumentare il benessere aziendale, fatto non solo di possibilità di carriera e avanzamento professionale o di incentivi economici, ma anche di possibilità di misurarsi costantemente con un contesto lavorativo e professionale in profondo e continuo cambiamento. “In azienda solo nel 2018 – continua Biestro – abbiamo erogato nella nostra Scuola di IT & Management “Enrico Della Valle” 384 diversi edizioni di corsi di formazione, coinvolgendo oltre 4.800 persone per un totale di 16.300 giornate di corsi erogati. A questi numeri si aggiunge la formazione a distanza con i suoi 4.500 accessi alla piattaforma e-learning e le sue 1.500 ore di webinar”.
Diversi rapporti, compreso l’Osservatorio sulle Competenze Digitali, parlano di disallineamento tra domanda e offerta di competenze e professionisti ICT. Qual è il ruolo dell’istruzione?
“Negli ultimi tempi mi pare di vedere segnali incoraggianti da parte del mondo scolastico: si sta cercando di colmare lo scollamento tra le competenze richieste dal mondo del lavoro e la scuola superiore. Ho trovato spesso insegnanti aperti all’ascolto, attenti ad adattare programmi didattici non sempre in linea con le esigenze di aggiornamento richieste da un mondo che cambia sempre più velocemente. Sicuramente positiva, con possibili spazi di ulteriore miglioramento, è l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro, che rappresenta un importante punto di contatto tra mondo dell’impresa e della scuola. Anche con l’università si stanno rafforzando i legami di cooperazione e collegamento, considerato che il sistema universitario rappresenta un importante bacino tramite dal quale attingere nuove persone e professionalità. Attraverso i career day (circa 40, quelli ai quali abbiamo preso parte nel corso del 2018 e altrettanti, almeno, sono previsti nel 2019) cerchiamo di venire in contatto con giovani talenti per inserirli in azienda: lo scorso anno abbiamo assunto circa 900 persone, con un 40% di giovani alla prima esperienza dopo la laurea o il diploma”.
Si parla molto di formazione, ma nonostante se ne percepisca il bisogno sappiamo che le imprese italiane hanno un problema riferito allo scarso numero di ore di formazione proposte ai dipendenti. Perché a suo avviso?
“Si sente spesso dire che non si fa formazione perché mancano le risorse economiche, perché non ci sono finanziamenti adeguati o manca il tempo: a mio parere, si tratta di un aspetto di natura culturale e di diverso approccio alla gestione delle persone e al loro aggiornamento, legato alla convinzione che basti fare formazione on the job. Il non comprendere la strategicità della formazione e dell’aggiornamento continui porta le aziende a mettere a rischio lo sviluppo della propria attività e, di conseguenza, i posti di lavoro delle persone”.
Per un’azienda oggi, anche grazie alle informazioni disponibili e alla possibilità di fare ricorso ad analisi Big Data, quanto è difficile trovare “la persona giusta” da assumere?
“Partirei con il citare qualche numero: nel 2018 abbiamo ricevuto circa 23.000 curriculum vitae e abbiamo fatto 6.000 colloqui per scegliere poi i 900 nuovi assunti. Le proiezioni dei dati che abbiamo per il 2019 fanno intravedere il mantenimento di questo trend. Tali numeri fanno comprendere quanto impegno e dedizione ci siano dietro la ricerca del personale e dei nuovi talenti in grado di far crescere il nostro Gruppo. Il cimento è notevole, senza dubbio, e nonostante si possa fare una prima scrematura grazie all’analisi delle informazioni che i candidati mettono a disposizione, ci piace ancora guardare in faccia le persone, parlarci, non fermarci allo schema del CV o a qualche informazione presa dai social network. Potremmo usare intelligenze artificiali anche per la selezione (e non è detto che in futuro anche noi, come altre aziende, ci si possa avvalere di queste tecniche), certo, ma preferiamo ancora cercare, attraverso il contatto umano, quello che dati ed esperienze dati in pasto ad una macchina non credo riescano a trovare. Almeno, per il momento”.