SOCIETY | 17 Mag 2018

Intelligenza Artificiale… e l’intelligenza umana?

Perché l'AI può aiutare le scelte senza sostituire ancora l'intelligenza umana

Come per tutte le cose che non capisco, dedico del tempo per cercare di comprenderle. E questo è quello che ho capito dell’Intelligenza Artificiale.

Cosa è l’Intelligenza Artificiale

AI, acronimo di Artificial Intelligence, volendo semplificare, è un’evoluzione dell’informatica in grado di imitare l’intelligenza umana. Ora, poiché le parole sono importanti, sono andata a vedere sulla Treccani, e la parola “intelligenza” ha questo significato: “Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti”.

Mentre la coppia “Intelligenza Artificiale” è spiegata come “Disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i processi mentali più complessi mediante l’uso di un computer. Tale ricerca si sviluppa secondo due percorsi complementari: da un lato l’Intelligenza Artificiale cerca di avvicinare il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana, dall’altro usa le simulazioni informatiche per fare ipotesi sui meccanismi utilizzati dalla mente umana”.

Quindi due lati: “cerca di avvicinare il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana”, l’altro “usa le simulazioni informatiche per fare ipotesi sui meccanismi utilizzati dalla mente umana”.

Intelligenza non ha nulla a che fare con coscienza, questo deve essere chiaro.

L’informatica ci sta mettendo a disposizione la capacità di assemblare importanti quantità di dati per permetterci di vedere un trend, una tendenza, una simmetria che a noi potrebbe sfuggire.

AI come i Lego?

Quando penso alla AI penso alla scatola di Lego che avevo quando ero piccola. Aprivo la scatola e c’erano centinaia di mattoncini, tutti diversi, che in teoria avrebbero potuto dar vita a migliaia di forme diverse, in pratica, io riuscivo solo a fare quello che potevo e sapevo immaginare.

Ecco, secondo il mio punto di vista, qui sta tutta la forza e tutti i limiti di questo modello.

Quello che posso io

Io posso assemblare i dati, ma nel farlo ricorrerò sempre a modelli a me noti. Cercherò sempre in qualche modo di capire come assemblarli e in qualche modo, tenderò a forzare un risultato.

Se io con i Lego so fare le case, farò delle case. Grandi, piccole, a più piani, con gli alberi o senza… ma sempre case.

Se devo immaginare un modello diverso, dovrò costringermi a usarlo, provare e riprovare finché non troverò un modo per metterlo in pratica. Perché io non solo sono intelligente, sono cosciente: ovvero tenderò sempre a mischiare quello che so fare o posso imparare, con la mia esperienza emotiva.

Quello che può l’AI

Mi piace pensare che la vera forza dell’AI sia la mancanza di coscienza e in parte di struttura. Cioè, dal mio punto di vista, l’Intelligenza Artificiale è stupida nel senso più sano del termine. Quando prendiamo i dati e li assembliamo, l’AI elabora milioni di risposte, a volte lontanissime dalla realtà; altre volte, invece, non avendo vincoli, ma pura capacità elaborativa, trova trend, evidenzia scenari e dà risposte che io, con la mia esperienza pregressa, non riuscivo nemmeno a ipotizzare o a intuire.

Tornando alla mia scatola dei Lego, con i miei pezzi non fa solo case, fa aeroporti, nubi, mostri, prati con fiori, e chi più ne ha più ne metta. A volte fa di più: utilizza tutti i pezzi, anche quelli strani, quelli che io non ho mai utilizzato, perché – in realtà – non avevo mai capito a cosa servissero. E quindi, in qualche modo, mi insegna.

Quello che mi insegna

La capacità di elaborare una quantità di dati per me impossibile, mi insegna a non tralasciare nulla.

Come lo fa

Le tecniche più utilizzate (e perdonate la semplificazione) per l’elaborazione degli algoritmi sono:

Alberi di decisione, ovvero sistemi di processo decisionale basati su alberi logici dove ogni nodo è una funzione condizionale. Ogni nodo verifica una condizione (test) e la associa a una proprietà dell’ambiente (variabile). Per esempio potrei utilizzare un algoritmo di questo tipo per capire qual è la giornata migliore per andare a correre. L’algoritmo farà una cosa del genere: Lunedì: piove/c’è il sole/nuvoloso – se scendiamo nel nodo c’è il sole analizzerà vento/umidità/temperatura… e così via; le risposte sono nelle foglie del mio albero.

Classificatori bayesiani, che, come dice il nome, sono algoritmi legati al Teorema di Bayes che in pratica serve a calcolare le probabilità che una certa cosa si verifichi, conoscendo la frequenza con cui quella cosa si è verificata in precedenza in una situazione analoga.

Analisi delle componenti principali, ovvero secondo Wikipedia “Lo scopo primario di questa tecnica è la riduzione di un numero più o meno elevato di variabili (rappresentanti altrettante caratteristiche del fenomeno analizzato) in alcune variabili latenti (feature reduction)”. In pratica si riduce la complessità dei dati da analizzare, prendendo solo quelli a maggiore varianza.

Macchine di Kernel (o anche dette macchine a vettori di supporto), che mirano a risolvere il problema dell’apprendimento a partire da un training set di dati di cui sono conosciuti i parametri caratteristici. Un esempio tipico di applicazione è quello del riconoscimento delle cifre scritte a mano, per esempio i codici postali scritti sulle buste. Il problema da risolvere, che è quello di riconoscere l’identità di ogni cifra a partire da una matrice, è proprio un problema di classificazione, in cui lo scopo è assegnare ogni simbolo a una delle dieci categorie possibili: (0,1,…,9).

Metodi di insieme, ovvero algoritmi che includono classificazioni precedenti (bayesiani, decisionali, …) e analizzano le stime finali per ottenere previsioni più efficaci.

In conclusione?

Questa carrellata (sicuramente non esaustiva e assolutamente semplificata dalla mia ignoranza in materia) mette in evidenza un elemento importante: decidere quale algoritmo utilizzare determinerà, in parte, il tipo di risposta che otterremo. Ovvero la nostra capacità di guardare oltre è ancora un elemento di grande importanza.

Questo per dire che siamo ancora più intelligenti noi.

Simona Piacenti