PEOPLE | 27 Ago 2019

La Digital Trasformation entra nelle PMI: intervista a Luca Carbonelli

Come si fa "esplodere" il digitale in una micro o piccola impresa? Quali le leve e quali i vantaggi?

Quella di Luca Carbonelli e di Caffè Carbonelli è una storia di impresa micro, familiare, come la definisce lui nel libro fresco di pubblicazione Falla esplodere: come una piccola impresa può affrontare la trasformazione digitale. Un’impresa legata alle tradizioni, con una bella storia dietro come tante ce ne sono in Italia. Una di quelle imprese che si è soliti pensare “non sposano il digitale perché non ne avvertono il bisogno”, ma che invece fanno scuola e tracciano il sentiero per altre imprese, pronte a “esplodere”.

Cosa ha spinto invece la vostra impresa a trasformarsi attraverso le tecnologie? Da cosa nasce la percezione del bisogno di trasformazione digitale?

“La necessità e l’incoscienza. Nei primi anni del nuovo millennio la nostra azienda attraversava un momento di profonda crisi. Avevamo perso tanti clienti sul territorio e all’epoca il nostro mercato era  prettamente locale, quindi avevamo da un lato la necessità, il bisogno, l’esigenza di ricercare nuovi canali di mercato e dall’altro, fortunatamente, le conoscenze e quel briciolo di esperienza con le “nuove tecnologie” che ci permise di poter sperimentare se il caffè potesse avere un certo appeal per gli e-buyer. E fortunatamente la risposta fu positiva”.

Come si abbattono i limiti culturali che vedono spesso imprenditori rinunciare a investire sulla tecnologia? Quale potrebbe essere a tuo avviso il ruolo del Governo o delle associazioni di categoria?

“I limiti culturali si abbattono con la formazione. Deve assolutamente nascere una “scuola di impresa” per le piccole imprese. Milioni di piccoli imprenditori italiani sono manager a tutti gli effetti, ma non sanno di esserlo; improvvisano la propria attività sulla base di una preparazione limitata. Le associazioni di categoria hanno una responsabilità enorme su questo tema e sono già in tremendo ritardo. Se vogliono sopravvivere, e al contempo offrire ai propri associati dei servizi utili che giustifichino il costo delle quote associative, le associazioni devono pensare al più presto a imbastire delle scuole di formazione serie, con percorsi lunghi e appropriati, e non fermarsi ai singoli seminari organizzati una tantum. Il Governo dovrebbe invece stanziare fondi per agevolare i piccoli imprenditori prima per intraprendere questa formazione, poi per assumere in azienda le risorse umane che quella formazione avrà dato modo agli imprenditori di capire essere necessarie per la crescita della propria azienda”.

Quali i possibili incentivi necessari per le micro e piccole imprese italiane che intendono sposare il digitale?

“Servono come il pane incentivi che permettano di assumere risorse all’interno dell’azienda, ma più che incentivi io auspico un netto abbattimento del costo del lavoro. Poi servono incentivi finanziari che offrano agli imprenditori la possibilità di far crescere in dimensione e in fatturato le aziende con acquisti agevolati di nuovi immobili e nuovi macchinari”.

Nel libro si parla di “educazione al cliente”. Cosa significa e che ruolo ha nella trasformazione dell’impresa?

“L’educazione al cliente, che è anche il titolo di un paragrafo, mi fa sorridere perché vuole essere una provocazione, anche se dietro questo pensiero si celano due delle dinamiche più reali del commercio B2B: da un lato parliamo di quel deleterio meccanismo per cui il fornitore deve offrire al cliente la possibilità di pagare la merce dopo mesi dall’acquisto, dall’altro lato torna la scarsa cultura del commerciante medio su tutto quello che è il mercato digitale. In questo caso, ancora, quasi nel 2020, ci tocca iniziare discussioni che possano far comprendere ai clienti che “il mostro” dell’e-commerce può essere in realtà un beneficio per tutti, e che, se le strategie commerciali sono ben studiate, non vi sarà alcuna concorrenza maggiore sui prodotti rispetto alla classica competizione che nasce nel mercato tradizionale. Ma personalmente credo sia proprio ora di finirla con questa distinzione tra mercato tradizionale e mercato alternativo. Il solo fatto di parlarne dovrebbe farci capire i livello di arretratezza della nostra preparazione nel merito”.

Amazon nuovo amico o nemico del piccolo commerciante e perché?

“Nel libro lo scrivo e nella formazione che porto avanti lo indico chiaramente. Amazon può essere il nuovo partner commerciale per le imprese. Il più potente. Occorre solo studiarne bene tutti i meccanismi e i servizi che può offrire, e plasmarli sulle potenzialità delle nostre aziende e dei nostri prodotti”.

Secondo la tua esperienza quali le tecnologie da guardare con attenzione nel settore retail?

“Sono anni che indico come finita l’era della distinzione tra B2B e B2C, proprio in quanto l’e-commerce si è talmente esteso e continuerà a espandersi da fare in modo che anche le transazioni B2B avvengano in maniera sempre più automatizzata. Amazon, non a caso, ha introdotto da oltre un anno il servizio “Amazon Business”, che permette questo tipo di rapporto (B2B) anche sulla piattaforma, con agevolazioni per le parti in causa. In questo senso, lo scontrino medio delle transazioni online andrà aumentando in maniera esponenziale. Occorrerà presto, quindi, andare oltre il classico pagamento con carta di credito e abituarsi a dare l’autorizzazione per addebiti diretti SEPA.

Ma stiamo entrando troppo nel tecnico. Mi viene da chiudere con una citazione dal libro: Il mercato non è mai stato tanto libero come nell’era di Amazon“.

Sonia Montegiove