L’Italia e l’Europa stanno vivendo un periodo storico in cui si trovano ad affrontare sfide socio-sanitarie tanto inattese quanto rilevanti quali: patologie croniche in aumento, con stime che si aggirano sui 50 milioni di cittadini affetti da una o più di queste patologie; invecchiamento della popolazione (30% nel 2060) in costante crescita; non autosufficienza; mancato accesso alle cure primarie da parte di almeno il 10% della popolazione EU; evoluzione dei modelli familiari e, ultimo ma non meno importante, la conseguente necessità di razionalizzare i costi della sanità pubblica.
A tal fine, come dimostrano anche gli ingenti investimenti in ricerca e innovazione a livello nazionale ed europeo, per far fronte a queste sfide si stanno ripensando completamente i modelli di erogazione e fruizione dei servizi sanitari per i quali l’ICT avrà un ruolo chiave nell’abilitarli e renderli operativi. Tecnologie quali il cloud computing, l’Intelligenza Artificiale, l’internet delle cose, la domotica, i big data, i sistemi di supporto alle decisioni, per citarne solo alcuni, saranno (ed in alcuni casi già sono) alla base dei processi di prevenzione, diagnosi e cura del futuro (tra cui citare sicuramente la medicina di precisione, personalizzata e in-silico).
È evidente che oggi l’attitudine e la predisposizione dei diversi Paesi verso questi cambiamenti sono decisamente variegate. Se, per esempio, negli Stati Uniti la realtà in divenire che abbiamo tratteggiato è per molti versi già storia, in molti paesi Europei si sta solo adesso timidamente iniziando a virare verso questi nuovi modelli che, se non opportunamente veicolati, modulati e digeriti, coinvolgendo direttamente tutti gli stakeholder, potrebbero essere destinati a fallire. Infatti, se medici, infermieri, specialisti, policy maker e addetti ai lavori in genere sono già parti attive di questo processo di cambiamento, che ruolo avrà il paziente? Continuerà ad essere il cittadino paziente così come lo è stato sino ad oggi o anche lui sarà destinato ad adeguarsi a questi cambiamenti?
Come cambia il ruolo del paziente?
Il paziente è sicuramente quello che più di altri dovrà cambiare prospettiva proiettandosi verso l’idea di diventare un paziente digitale depositario egli stesso di una quantità di informazioni rilevanti sul suo conto (comportamentali, alimentari, fisiche, ambientali solo per fare qualche esempio) e che andranno ad integrare quelle già a disposizione delle istituzioni sanitarie e che saranno tali da arricchire le conoscenze a disposizione dei medici.
Il paziente non può più essere considerato colui che subisce passivamente le indicazioni che gli vengono fornite dai medici. È un paziente proattivo che si documenta consapevolmente, partecipa a comunità tematiche su Internet, ha a disposizione app di ogni tipo per raccogliere dati e monitorare tramite questi il suo stato di salute, i suoi stili di vita, la sua dieta, i suoi parametri vitali, etc. Il paziente diventa, quindi, un attore centrale dei nuovi sistemi sanitari pensati come integrati (in termini di processo e di informazioni) e studiati per “girare attorno” al paziente e come tale farlo diventare centro gravitazionale del sistema stesso. Parliamo di patient empowerment che, stando alla definizione dell’Health Promotion Glossary OMS 1998, è il processo attraverso il quale le persone e le comunità acquisiscono un maggiore controllo rispetto alle decisioni e alle azioni riguardanti la propria salute, anche e soprattutto, attraverso un maggior controllo ed una maggiore conoscenza dei dati e delle informazioni che le riguardano. Si assiste, quindi, ad una mutazione da paziente utente a paziente protagonista del sistema salute.
Quali le opportunità per il paziente?
Il nuovo paziente digitale, munito di smartphone e dispositivi portabili, utili a catturare dati specifici sul suo conto, potrà disporre delle seguenti risorse:
- conoscere, grazie ai dati genetici e con ampio anticipo, la tipologia di rischi ai quali egli è soggetto e quindi contribuire attivamente a prevenire o ritardare l’insorgere della patologia
- ottenere, grazie alla quantità di dati a disposizione ed alla rinnovata potenza di calcolo fornita dalle infrastrutture di High Performance Computing, simulazioni relative al comportamento del suo organismo e quindi ricevere cure tempestive, mirate, personalizzate e puntuali
- monitorare il suo stato di salute e/o prevenire l’insorgere di patologie diventando accentratore di una quantità enorme di dati utili a loro volta per i medici che li hanno in cura
- interagire con i medici digitalmente e, quindi, in modo molto più puntuale ed efficace solo quando sia realmente necessario
- rimanere in ospedale solo il tempo dell’intervento per poi condurre nell’ambito delle mura domestiche la degenza, grazie a sofisticati sistemi di monitoraggio che gli permettano di essere sempre e comunque in contatto con gli specialisti
- gestire le ospedalizzazioni in modo molto più efficace recandosi in ospedale solo quando i dispositivi medicali in dotazione daranno segnali di allarme
- essere in contatto con altre persone affette dalla stessa patologia tramite community tematiche disponibili in rete che gli permetteranno di aumentare la consapevolezza verso la patologia e trovare conforto in chi è nelle stesse condizioni
Queste caratteristiche potranno diventare realtà solo nel momento in cui si riusciranno a definire in modo chiaro e inequivocabile i confini e le regole attraverso cui poter condividere e gestire informazioni tra le diverse strutture sanitarie europee. Se per alcune specifiche patologie si sono fatti dei passi avanti nel definirne delle reti, è pur vero che la logica dei silos è ancora molto presente e dovrà essere sostituita da una logica della condivisione e dell’interoperabilità sintattica e semantica tali da permettere ai nuovi pazienti digitali di non esserlo del singolo ospedale ma dell’intero sistema sanitario europeo.
Il nuovo regolamento sulla protezione dei dati (GDPR), che dovrà essere adottato da tutti i Paesi membri dal maggio prossimo, insieme alle politiche e agli ingenti investimenti in ricerca ed innovazione che la EU e gli Stati membri stanno mettendo in campo per abilitare questa condivisione, sono gli unici strumenti che potranno realmente abilitare le tecnologie Big Data in ambito sanitario, in modo da avere un più efficace ed efficiente sfruttamento dei dati.
Matteo Melideo