Da anni, nell’ambito del comparto Agrifood, il settore vitivinicolo conferma la sua dinamicità e vivacità rispetto gli altri settori produttivi dell’agroalimentare italiano e mostra una chiara volontà di fare nei prossimi anni investimenti, anche rilevanti, in innovazione. Secondo l’Osservatorio del Digital Transformation Institute, che ha coinvolto circa 300 produttori vitivinicoli, il 60,7% delle imprese considera la tecnologia utile per la propria attività, pur rimanendo del tutto indeterminato cosa l’azienda intenda per tecnologia, come abbia misurato il valore attribuito e su quali strumenti o azioni possa intendersi all’avanguardia. L’indagine rivela anche, nonostante i buoni propositi, quote di investimento dedicate alla tecnologia abbastanza modeste: se il 77,3% di aziende non ha fatto investimenti, o ne ha fatti per un valore inferiore a 5.000 euro negli ultimi 5 anni, solo il 22,7% ha fatto investimenti superiori e prevalentemente in aziende molto grandi (49%).
D’altronde l’interesse del comparto verso l’utilizzo dei dati e di tecniche innovative per migliorare la produzione è già presente negli anni ‘60 in America, quando, a seguito di studi sistematici, Albert Winkler identifica alcuni fattori chiave per la produzione:
- l’influenza delle condizioni ambientali: piovosità, vento, nebbia, umidità, esposizione, temperature diurne, tempo di maturazione
- l’adattabilità dei vitigni alle pratiche di miglioramento della vinificazione, le loro temperature, la tipologia di lieviti, l’aerazione delle cantine
- l’adeguatezza del vino alla sua conservazione in botti o nelle bottiglie, il tasso di limpidezza, lo sviluppo del bouquet e la resistenza alle malattie
- la qualità di base del vino prodotto attraverso la sua variabilità.
Perché i dati sono utili nella produzione di vino?
Gli studi di Winkler portarono all’identificazione, per ogni vitigno, dei principali valori di crescita e differenziazione: acidi, alcool, ph, tannini, eccetera. Quest’analisi quantitativa viene utilizzata attraverso il controllo della fermentazione e permette l’utilizzo della sommatoria del calore, che consiste nel sommare le temperature medie di tutti i giorni della stagione vegetativa in cui il termometro supera i dieci gradi centigradi. In questi giorni la vite è attiva e cresce, quindi la sommatoria del calore esprime il numero delle sue ore di attività.
“Queste pratiche – spiega Roberto Reali, esperto del Digital Transformation Institute e ricercatore del CNR Dipartimento Scienze Bio Agroalimentari – insieme a un primo utilizzo dei dati e di analisi quantitative hanno permesso alla vinificazione di avere una produzione stabile nei suoi valori di base e nella qualità e nel gusto del vino, fatta salva la variabilità delle stagioni. Inoltre, il vino in botti o bottiglie è divenuto maggiormente trasportabile e non soggetto a cambiamenti della qualità del prodotto e la creazione di una vinificazione su basi razionali è divenuta oggi uno degli strumenti più importanti per la creazione di un prodotto commerciabile. Nasce così il vino di qualità come noi lo conosciamo oggi”.
Quali sono i fattori essenziali nella trasformazione digitale del settore vitivinicolo?
La partita si gioca sui dati relativi all’analisi del terreno, della sua esposizione e umidità, dell’alternanza di temperature tra il giorno e la notte; alla scelta dei vitigni più adatti per la crescita e lo sviluppo; allo studio delle caratteristiche di resistenza del vitigno e cura attraverso insetticidi o fertilizzanti; alla vinificazione controllata con strumenti di precisione, utilizzo dei lieviti di fermentazione e sistemi di refrigerazione e alla conservazione del prodotto attraverso invecchiamento in botti o imbottigliamento.
Ognuna di queste fasi può migliorare attraverso l’uso delle tecnologie, aiutando così a realizzare vini di maggiore qualità molto più competitivi sul mercato.
Quali dati sono utili nella fase di produzione?
In primo luogo, l’agricoltura di precisione permette l’uso razionale delle risorse (acqua, fertilizzanti, insetticidi), il monitoraggio dei vari fattori della coltivazione (temperatura, sbalzo termico, umidità, fattori atmosferici, insolazione), il contrasto di batteri, funghi e insetti responsabili delle malattie delle piante, la crescita potenziale sia in termini di prodotto che di qualità dopo un’analisi e una scelta dei vitigni adeguati.
I sistemi di rilevamento, invece, raccolgono dati sullo stato delle colture, sulle potenzialità della singola area osservata, sull’utilizzo dei fertilizzanti. La memorizzazione di molteplici informazioni in un database origina un GIS (Geographic Information System). Un’applicazione gratuita, messa a punto dal CNR IBIMET, che consente di comprendere i benefici è Agrosat.
I biosensori, infine, rilevano un segnale elettrico o un differenziale di energia nei normali processi biologici vegetali e riescono a “misurare” gli eventi fisiologici e patologici di molte coltivazioni. Per giungere a questa tipologia di output, c’è bisogno che l’enorme quantità di dati rilevati lungo tutta la filiera venga trasformata in conoscenza concreta, in modo da affiancare al valore materiale del prodotto agroalimentare quello immateriale rappresentato dall’informazione della Supply Chain.
Quali dati sono utili nella fase di trasformazione?
L’identificazione generica dei vitigni è il mezzo che oggi permette di avere una completa trasparenza dell’utilizzo di un vitigno fino alla sua trasformazione in vino. I sistemi portatili di analisi, infatti, creano un nuovo standard, superando i classici sistemi di certificazione delle denominazioni di origine.
Ci sono poi strumenti standard a supporto della vinificazione che offrono dati importantissimi per la fase di distribuzione: l’analisi enzimatica e il controllo sulla stabilità tartarica.
E nella fase di distribuzione e commercializzazione?
I dati più importanti sono ottenuti dai sistemi di tracciabilità, che garantiscono la trasparenza per tutta la filiera vitivinicola dal campo alla tavola, permettono di monitorare e programmare la distribuzione del prodotto e di identificare eventuali partite difettose e recuperare rapidamente le informazioni per intervenire. Sviluppano, inoltre, un’etichetta intelligente che permette al prodotto di essere trasparente attraverso l’analisi del contenuto. È importante, infatti, poter registrare gli andamenti produttivi con un sistema di controllo di gestione adeguato. “La visibilità sui passaggi della filiera” – afferma Roberto Reali – è un’assunzione di responsabilità da parte delle aziende e assicura la fiducia dei consumatori, ne incrementa la propensione all’acquisto e realizza un vantaggio competitivo“.
Siamo, dunque, di fronte a un settore in cui i sistemi tradizionali e radicati all’interno dell’azienda si incontrano con le tecnologie e l’utilizzo dei dati che ne scaturiscono, per migliorare la qualità del prodotto, la tipizzazione territoriale e distintiva dei vitigni, la commercializzazione verso mercati interni ed esteri.
Stefania Farsagli