“Intelligenza artificiale è un concetto complesso e oscuro per la grande maggioranza dei politici, dei giornalisti, degli imprenditori e, soprattutto, dei cittadini e consumatori: non è qualcosa di tangibile o di cui si fa diretta esperienza. Le strategie commerciali, e anche scientifiche, tendono a occultare qualsiasi aspetto di trasparenza quando si progetta un punto di contatto con sistemi basati su AI, perché è giustamente considerato un valore aggiunto evitare la consapevolezza che si sta attraversando una soglia e che il dialogo, o l’azione su uno stato del mondo esterno, è presidiato da agenti non umani”. Alberto Marinelli, professore ordinario presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università Sapienza di Roma, spiega così il rapporto tra consumatori e Intelligenze Artificiali, che emerge anche dalla ricerca Retail Transformation: il senso di una rivoluzione di senso.
Nell’ambito del retail, il 68% degli utenti crede che sia utile che l’AI reagisca alle emozioni delle persone con cui entra in contatto perché, se è vero che poco più della metà dei consumatori è disposto a utilizzare uno shopper virtuale, c’è la percezione che una più piacevole esperienza d’acquisto sia legata alla presenza della persona fisica proprio in relazione all’incapacità percepita dell’Intelligenza Artificiale di comprendere appieno i bisogni dell’utente e di dare risposte puntuali a richieste specifiche. Questo accade in misura maggiore (+14%) nella generazione Z, in chi ha competenze digitali avanzate (+8%) o redditi più elevati (+7%). Dunque, interesse sì, apertura anche, ma rimane una quieta diffidenza.
Uomo o macchina?
“Le paure nei confronti dell’AI – spiega Marinelli – riemergono in quella sfera spesso indistinta e magmatica in cui la dimensione umanoide dell’Intelligenza Artificiale, impersonata e incorporata (anche negli immaginari condivisi) da automi e robot, sembra candidata a sostituirsi, anche in modo non del tutto trasparente, all’idea che “un giorno non riusciremo più a distinguere le persone reali dai robot mi terrorizza”, espressa dal 42% degli intervistati, con picchi sulle persone più anziane e meno competenti rispetto alle tecnologie digitali”.
L’87% degli utenti ritiene indispensabile che venga annunciata l’interazione con un eventuale assistente virtuale, mentre c’è l’idea tra gli intervistati che l’interazione umana rimanga la scelta migliore, qualora si voglia garantire una maggiore comprensione dei bisogni del cliente e rendere più piacevole l’esperienza d’acquisto.
Se si fa un altro esempio concreto di applicazione dell’AI, andando a indagare il tema della sostituzione dell’umano con l’AI alla guida, il 45% dei consumatori intervistati dichiara inquietudine rispetto a questa prospettiva evolutiva; il 30% si trincera dietro una dichiarazione di immutato interesse nel gestire comunque la guida senza assistenza; solo un 25% esprime una sensazione di sicurezza rispetto alla diffusione di sistemi automatizzati di guida, con la certezza che aumenti la sicurezza e riduca gli incidenti. In misura ancora più netta rispetto alle esperienze di acquisto, la polarizzazione a favore in questo caso si gioca su livelli di competenza digitale (+14), giovane età (generazione Z +14), livelli di istruzione (+13).
Nelle imprese ICT l’AI può attendere?
Le imprese del settore ICT intervistate dichiarano ancora uno scarso interesse nei confronti dell’AI: il 68% delle loro aziende clienti, infatti, fa un utilizzo basso o nullo di Intelligenza Artificiale e solo il 36% mostra interesse in questa tecnologia per investimenti futuri. Riguardo le aspettative e le decisioni strategiche di implementazione nell’arco dei tre anni che le aziende rivolgono ai vari campi di applicazione dell’AI, i segmenti in più rapido movimento sono quelli del Language Processing, dell’Intelligent Object e dell’Intelligent Data Processing, Security e Marketing Automation. Proiettati in un arco temporale più esteso sono gli investimenti su Virtual Assistant e Autonomous Robot.
A fronte di aziende ancora poco propense a sposare l’AI, i consumatori sono pronti ad accogliere l’ingresso in campo delle Intelligenze Artificiali. “Se è evidente – conclude Marinelli – che la fiducia nell’AI per ora accoglie una maggioranza di cittadini giovani, istruiti e già competenti sul piano delle opportunità del mondo digitale, è altrettanto chiaro che tutti i processi di diffusione dell’innovazione si poggiano su questa tipologia di consumatori e che per conquistare la grande (e “attardata”) maggioranza si dovrà investire molto sulla semplicità e la naturalezza delle interfacce, insieme alla trasparenza sulle modalità di dialogo con sistemi automatizzati”.
Sonia Montegiove