MARKET | 28 Feb 2019

Smart Agrifood: i successi, gli errori, le sfide dell’Agricoltura 4.0

La Digital Transformation sta ridisegnando il mondo dell'Agrifood. Ma sono ancora pochi i settori che sanno come sfruttare i vantaggi delle nuove tecnologie.

In agricoltura il digitale ha raggiunto un giro d’affari fra i 370 e i 430 milioni di euro: ben il +270% rispetto al 2017. Nel 2018 il fatturato ha toccato i 7 miliardi di dollari circa (doppiando quello del 2017) e ha raggiunto il 18% del mercato europeo e il 5% di quello globale, di cui solamente il 30% generato in Europa, dove l’Italia sta conquistando un ruolo di primaria importanza grazie a una accelerazione nella crescita del ruolo del digitale in tutte le sue componenti. Questi i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università di Brescia, che ha mappato 110 imprese (74% brand affermati e 26% startup) e oltre 300 soluzioni tecnologiche dedicate al mondo dello Smart Agrifood.

Quali soluzioni digitali per l’Agricoltura 4.0?

Secondo l’indagine, la crescita dell’offerta tecnologica resta primariamente orientata ai prodotti e alle soluzioni dell’agricoltura di precisione: il 49% delle aziende fornitrici offre soluzioni avanzate come Internet of Things (IoT), robotica e droni; il 22% produce soluzioni che si focalizzano su agridata e data analysis; il 16% realizza macchine e attrezzature per il campo; il 7% fornisce componentistica e strumenti elettronici; solo il 3% sono realtà produttive in ambito agricolo. Dunque, il comparto Agrifood è consapevole di una sempre maggiore disponibilità di dati accessibili e del fatto che sono alla base dello sviluppo di applicazioni, modelli e sistemi sempre più indispensabili per prendere decisioni consapevoli su basi quantitative, ma alcuni elementi frenanti non sembrano essere superati.

Quali gli elementi frenanti?

Il digitale sta ridisegnando le dinamiche del settore Agrifood, questo è un fatto. Tuttavia rimangono irrisolte le questioni legate alla mancanza di una visione d’insieme, alla poca chiarezza da parte degli operatori su come sfruttare le opportunità della trasformazione digitale, alla scarsa percezione del bisogno d’innovazione e alla mancanza di un approccio sistematico alla digitalizzazione dei processi. A conferma di ciò, la maggior parte (79%) delle soluzioni dell’agricoltura 4.0 è applicabile alla sola fase di coltivazione, mentre le altri fasi sono supportate in misura minore: il 13% per la pianificazione, il 4% per il monitoraggio degli stock e il 3% per la logistica aziendale. Il dato positivo è che si è lavorato nel 53% dei casi a sistemi utilizzabili trasversalmente in più settori agricoli (53%), nell’ottica, dunque, di un approccio maggiormente sistemico, però le filiere più tecnologiche sono solamente tre: il comparto cerealicolo (24%), ortofrutticolo (24%) e vitivinicolo (16%).

Questi elementi frenanti sono emersi chiaramente anche da una recente Ricerca sugli impatti del digitale in agricoltura, elaborata dal Digital Transformation Institute e Cisco Italia, che ha analizzato in maniera estesa per la prima volta tutto il settore agroalimentare, dal campo alla tavola, per individuare le tecnologie a maggiore impatto e indagare lo stato dell’arte nelle diverse filiere. La ricerca chiarisce che, all’assenza di un quadro d’insieme e alla scarsa percezione del bisogno di innovazione, si aggiunge la mancanza nel settore di figure qualificate e con le competenze necessarie per guidare una trasformazione digitale, l’incapacità di valutare efficacemente l’impatto degli investimenti realizzati e il fatto che l’attenzione alla Digital Transformation è prevalente nelle aziende di dimensione industriale e che a percepire davvero i vantaggi della digitalizzazione sono solo le imprese che già investono in tecnologie digitali. “È il classico serpente che si morde la coda – chiarisce Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute -, con un meccanismo che rischia seriamente di lasciare indietro un’altra coda: la coda lunga del settore agroalimentare composta da migliaia e migliaia di aziende piccole e medie, che attraverso la tecnologia potrebbero affacciarsi su un mercato più ampio, migliorare il controllo dei loro processi produttivi, riconoscere e far riconoscere la qualità, l’eccellenza, l’originalità dei loro prodotti e crescere”.

Il settore del vino tra i più tecnologici

Nel suo focus sul settore vitivinicolo, l’indagine del Digital Transformation Institute conferma quanto detto finora: il 47% delle aziende raggiunte dichiara che gli investimenti fatti in tecnologia non hanno ancora portato o non porteranno un aumento di ricavi e il 15% non sa valutare il vantaggio eventualmente ottenuto. Il 77,3% delle aziende vitivinicole italiane, inoltre, non ha investito o ha investito fino a 5.000 euro in tecnologie ICT negli ultimi cinque anni. Del restante 22,7% – che ha investito più di 5.000 euro – la metà (il 49%) è rappresentato da aziende di dimensione più grande. Anche qui l’investimento in innovazione non è omogeneo su tutta la filiera, ma riguarda, in questo caso, la parte finale: nel 41% dei casi sulla distribuzione, nella vendita diretta al pubblico per il 43%.

Riguardo gli investimenti futuri, invece, l’attenzione va verso la produzione e l’ottimizzazione dei processi (49% e 57% le ritiene interessanti). Rimangono centrali i temi legati alla logistica, al management e alla gestione dell’impresa, ma soprattutto alla tracciabilità e sicurezza del prodotto. Il 51% del campione ritiene, infatti, che la tracciabilità dovrebbe essere sempre obbligatoria, anche se il 30% crede che sia “un costo per il produttore” e il 29 % ritiene che dovrebbero essere le istituzioni a farsi carico dei costi, dal momento che è richiesta dall’Unione Europea. Infine, una percentuale analoga (31%) riconosce che la tracciabilità è utile a promuovere commercialmente i prodotti. Lo spazio d’intervento è comunque ampio, in quanto, ad esempio, ben il 65% delle aziende tiene un registro dei trattamenti del prodotto in campo ancora in formato cartaceo, quindi non adatto a un’integrazione automatica con i dati sul prodotto e a un inserimento in un sistema più ampio di tracciabilità.

Tutti questi dati aprono molte riflessioni e fanno emergere un quadro di luci e ombre per l’Agrifood italiano, probabilmente ad oggi uno dei comparti più aperti ai processi di Digital Transformation.

Stefania Farsagli